Svizzera: accordi sulla tassazione dei capitali di soggetti non residenti

Temi e Contributi
21/10/2011

Svizzera e Germania hanno recentemente sottoscritto una Convenzione che permette di risolvere le questioni aperte da decenni tra i due Paesi sull’imposizione dei redditi da capitali di investitori tedeschi in Svizzera. Valida per il futuro, ma con riflessi anche per il passato, la convenzione prevede un’imposizione effettiva dei valori patrimoniali detenuti in Svizzera da contribuenti tedeschi.

Il 21 settembre scorso il consigliere federale svizzero Eveline Widmer-Schlumpf ed il ministro delle finanze tedesco Wolgang Schäuble hanno sottoscritto una convenzione sull’imposizione dei redditi da capitali di investitori tedeschi in Svizzera. La firma è giunta al termine delle trattative tra Svizzera e Germania, che erano state avviate già nel corso del mese di gennaio 2011 a seguito di una dichiarazione comune sottoscritta nell’autunno del 2010 e che avevano portato poi alla parafatura[1] di un accordo del 10 agosto 2011.

“La Convenzione in ambito fiscale firmata dalla Svizzera e dalla Germania”, secondo le Finanze elvetiche, “rispetta, da un canto, la sfera privata dei clienti bancari e, dall’altro, garantisce l’osservanza di pretese fiscali giustificate dalle autorità tedesche. Inoltre viene migliorato l’accesso ai reciproci mercati per i fornitori di servizi finanziari”. “La Svizzera e la Germania sono unanimi nel dichiarare che, per l’effetto esplicato, la collaborazione bilaterale negoziata nella convenzione corrisponderà a lungo termine allo scambio automatico di informazioni applicato ai redditi da capitali”. La convenzione, che dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio 2013, dovrà ora essere approvata dai Parlamenti di entrambi gli Stati. In Svizzera la convenzione è sottoposta a referendum facoltativo.

Valida per il futuro, ma anche per il passato, la convenzione garantisce un imposizione effettiva dei valori patrimoniali detenuti in Svizzera da contribuenti tedeschi. La convenzione prevede in particolare i seguenti punti qualificanti:
Imposta “liberatoria” per il futuro: E’ prevista l’introduzione di un’imposta “liberatoria” cui saranno direttamente assoggettati i redditi da capitali dei contribuenti tedeschi in Svizzera, che corrisponde materialmente all’imposta tedesca. L’aliquota unica è stata fissata complessivamente al 26.375% (comprensiva del supplemento di solidarietà tedesca, pari al 5,5% dell’imposta riscuotibile, oltre al 25% dell’imposta applicata in Germania). La convenzione tra Germania e Svizzera prevede che l’imposta “liberatoria” venga riscossa dagli agenti pagatori svizzeri. Questa normativa garantisce nel suo complesso che i redditi da capitali vengano tassati in modo identico in Svizzera ed in Germania e che quindi non sussistano più distorsioni della concorrenza, dovute al diritto fiscale, tra la piazza finanziaria tedesca e quella svizzera.
Regolarizzazione delle pendenze passate: Ai fini di una soddisfacente soluzione per l’imposizione dei futuri redditi da capitali è stato necessario trovare al contempo una soluzione per i redditi conseguiti nel passato. Secondo una base di calcolo definita nella convenzione sarà possibile procedere a un recupero d’imposta forfettario e anonimo sotto forma di pagamento unico a favore del fisco tedesco. Il capitale a disposizione su un conto o deposito svizzero a una determinata data di riferimento fissata nel passato costituisce la base di calcolo. L’ammontare di questo onere fiscale oscillerà tra il 19% e il 34% dei valori patrimoniali e sarà stabilito in funzione della durata della relazione con il cliente nonché dell’importo iniziale e finale del capitale.
Per evitare l’imposizione forfettaria per il passato, il contribuente deve dare il suo consenso alla trasmissione dei dati necessari ai fini della tassazione individuale alle competenti autorità tedesche.
I contribuenti tedeschi che non intendono subire l’imposizione forfettaria, né autorizzare la trasmissione dei propri dati alle autorità fiscali tedesche devono chiudere i proprie conti o depositi in Svizzera. L’imposizione a posteriori è effettuata in Svizzera. Le autorità svizzere garantiscono sia la corretta esecuzione del recupero d’imposta sia il controllo delle banche coinvolte.
Per garantire un gettito minimo a titolo di recupero d’imposta e dare corpo alla volontà di attuare la convenzione, le banche svizzere si sono impegnate ad anticipare un importo di 2 miliardi di franchi (1,7 miliardi di euro) sul pregresso. L’importo sarà suddiviso tra le banche che alla fine del 2010 avevano clienti tedeschi, proporzionalmente agli importi depositati. Le banche recupereranno poi quanto anticipato compensandolo con quanto trattenuto ai clienti tedeschi (fonti elvetiche indicano una possibile cifra totale di 4 miliardi di franchi).
Garanzia per il futuro: Per impedire che in futuro vengano di nuovo depositati capitali non dichiarati nonostante l’imposta “liberatoria”, è prevista l’introduzione di un meccanismo di garanzia. Questo consiste nel permettere alle autorità tedesche di presentare domande di informazioni con indicazione del nome del cliente, ma non necessariamente quello della banca. Queste domande saranno limitate e dovranno basarsi su motivi plausibili. Per un periodo di due anni il numero delle domande sarà compreso tra 750 e 999, poi sarà adeguato sulla base dei risultati. La ricerca generalizzata ed indiscriminata di informazioni, la cd. “fishing expedition”, è pertanto esclusa.
Altre caratteristiche: L’accordo agevola inoltre anche l’accesso ai reciproci mercati degli istituti finanziari e quindi sarà semplificata l’applicazione delle procedure per le banche svizzere in Germania. La convenzione dovrebbe inoltre porre fine alle vicende dei cd sottratti, contenenti informazioni su conti correnti nelle banche elvetiche. La Germania non avrebbe infatti più motivi per acquistare dati bancari rubati.

Le alternative per i contribuenti tedeschi
I cittadini e gli enti tedeschi con depositi bancari, azioni, obbligazioni, quote di fondi, polizze vita presso le oltre 400 banche svizzere saranno pertanto posti dalle banche medesime davanti a tre possibili scelte: 1) autorizzare le banche depositarie a comunicare al fisco tedesco i capitali nascosti; 2) conservare l’anonimato accettando l’imposta “liberatoria” sui capitali pregressi e sui rendimenti futuri. La liberatoria farebbe da scudo alle irregolarità passate, quali, per esempio, successioni, donazioni, e pagamenti dell’IVA; 3) prima che l’accordo entri in vigore nel 2013, trasferire i capitali anonimi altrove, ma non presso filiali di banche svizzere. La fuga dalla Svizzera, infatti, è assai rischiosa. I lidi offshore più lontani non offrono la stessa certezza del diritto e la stessa professionalità. Il prezzo per conservare l’anonimato è tangibile, ma probabilmente sopportabile dai più.

Subito dopo la Germania, il Regno Unito
Il 24 agosto i negoziatori di Svizzera e Regno Unito hanno concluso a Zurigo le trattative concernenti questioni fiscali pendenti e hanno parafato una convenzione fiscale che è impostata in maniera del tutto analoga a quella con la Germania, siglata il 10 agosto 2011. Le aliquote fiscali per la regolarizzazione del passato sono le medesime. Le differenze sono dovute essenzialmente ai diversi regimi tributari e riguardano in particolare l’ammontare delle aliquote fiscali sui redditi futuri e le particolarità del diritto procedurale. L’aliquota per l’imposta liberatoria anonima sui redditi finanziari in Svizzera sarà compresa tra il 27% e il 48% a seconda della categoria di reddito da capitale, leggermente al di sotto a quelle consuete marginali britanniche. La convenzione contiene inoltre, norme specifiche per i cosiddetti non dom, ovvero per le persone che soggiornano nel Regno Unito senza qui avere un domicilio durevole. Le banche svizzere, anche in questo caso, anticiperanno un importo sul pregresso pari a 500 milioni di franchi (438 milioni di euro) per un versamento totale previsto di 1,5 miliardi di franchi. Il testo completo della convenzione sarà pubblicato dopo la firma di entrambi i Governi tra alcune settimane.

E l’Italia?
In tempi di gravi difficoltà nei bilanci pubblici, i governi di Berlino e Londra hanno deciso di chiudere un occhio nei confronti del segreto bancario elvetico in cambio di una consistente remunerazione. In Svizzera si comincia ora a pensare che potrebbero entrare in gioco Francia e Italia; anche Austria, Grecia, Norvegia e altri Paesi nordici mostrano interesse verso le aperture di Berna. Con la Francia il percorso sarebbe più breve in virtù della nuova intesa fiscale sulle doppie imposizioni che i due paesi hanno recentemente sottoscritto. Più complesso il percorso con l’Italia: con il nostro paese, infatti, la Svizzera non è riuscita negli ultimi anni a raggiungere nessun nuovo accordo in questo campo ed anzi figura ancora sulle liste nere fiscali italiane. Il ministro Tremonti, in realtà, è sempre stato molto deciso sulla questione del segreto bancario svizzero e sulle informazioni che le autorità elvetiche avrebbero potuto fornire alle richieste italiane. A favorire la ripresa di questi colloqui potrebbe esserci, ripercorrendo il modello tedesco e britannico, la possibilità di riaprire una sorta di scudo fiscale, secondo uno schema adottato da altri paesi europei e quindi senza il marchio del solito condono italiano. Questa misura potrebbe rappresentare un interessante entrata aggiuntiva alle bisognose casse dello Stato italiano.

Se da un lato l’accordo rappresenterebbe il definitivo addio alla possibilità di intaccare in qualche modo il segreto bancario svizzero; dall’altro va ribadito come il fatto che Germania e Regno Unito abbiano preferito la strada degli accordi bilaterali a una soluzione in ambito europeo, mostri ancora una volta le difficoltà dell’Europa a marciare unita. Il dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia ha osservato che gli accordi conclusi “appaiono in controtendenza rispetto allo scenario dell’ultimo decennio di discussioni avutesi in ambito internazionale, finalizzata ad affermare i principi della trasparenza e dello scambio di informazioni tra gli Stati”. Sarà poi importante valutare la coerenza delle regole di questi accordi con l’attuale direttiva risparmio e le regole in materia di euroritenuta.

 

[1] La parafatura designa l’adesione a un trattato attraverso l’apposizione delle iniziali (= parafa). In tal modo nei casi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni e di altri trattati internazionali i plenipotenziari confermano l'autenticazione del testo.

a cura di: 

dott. Leonardo Antonello

pubblicato su:

C&S Informa, volume 12, numero 7 anno 2011