PMI: come fare per “mettersi in rete”?

Temi e Contributi
02/08/2012

In questi ultimi mesi è crescente l’interesse da parte delle piccole medie imprese verso le diverse forme di aggregazione tra loro per consolidare in breve tempo dimensioni e opportunità commerciali, in particolare orientate verso mercati internazionali.

Si parte infatti dalla generalizzata convenzione che le limitate “dimensioni”, non solo in termine di fatturato ma anche in termini organizzativi e manageriali, tipiche del tessuto imprenditoriale del nostro territorio, siano diventati il vero ostacolo alla loro permanenza sul mercato. Il contesto è infatti caratterizzato da mercati di riferimento sono sempre più distanti, non solo geograficamente ma soprattutto da un punto di vista culturale, con il risultato che per poter affrontare un crescente percorso di sviluppo internazionale quasi sempre le PMI devono fare i conti con la mancanza di risorse umane qualificate, la scarsità di risorse finanziarie disponibili oltre che una limitata capacità di sviluppo strategico, quasi mai presente in azienda.

Il quadro è reso ancora più complesso dal fatto che i suddetti elementi di fragilità delle nostre piccole-medie aziende sono stati in modo assolutamente impietoso messi in luce dal sistema bancario: i principali istituti di credito attivi sul nostro territorio, dimostrano infatti, ogni giorno di più, di avere una profonda sfiducia nel nostro sistema imprenditoriale al punto da limitare o addirittura annullare la propria capacità di finanziamento alle singole imprese. Al contrario non mancano segnali incoraggianti dagli stessi istituti di credito per promuovere aggregazioni tra le stesse PMI, al fine di  strutturare articolati soggetti in grado di ridurre le suddette fragilità, consentendo di cogliere in tempi  ragionevolmente brevi  le opportunità di consolidamento e sviluppo del business, in particolare sul mercato internazionale.

Cosa impedisce alle nostre PMI di intraprendere il percorso verso tali aggregazioni?

In questo ultimo anno di osservazione del fenomeno “Rete di impresa”, il nostro studio ha consolidato una specifica iniziativa (FastNetrete di impresa), chiamando a raccolta competenze manageriali, finanziarie e di Information Techology, oltre che con proprie competenze professionali, dando così vita ad un centro di competenza ad elevata specializzazione, orientato allo sviluppo rapido di percorsi di aggregazione per le PMI. Il fenomeno osservato, ancorché in fase di ulteriore sviluppo, ha per altro già manifestato alcune chiare caratteristiche che di seguito vogliamo sinteticamente riepilogare: 

  • Le nostre imprese hanno saputo sviluppare prodotti e servizi, in molti casi di eccellente qualità; 
  • Il contesto delle risorse umane, in particolare tecniche e commerciali, sono mediamente di buon livello, dotate di una buona potenzialità di ulteriore sviluppo anche nel futuro; 
  • Il tessuto delle PMI spesso è cresciuto e si è sviluppato con logiche “distrettuali”, consentendo la crescita in specifiche area nel nostro territorio di vere e proprie eccellenze in singoli settori di riferimento;
  • In alcune zone del paese le suddette imprese sono “di prima generazione”, avendo quindi consolidato un’esperienza imprenditoriale solamente in un contesto di mercato interno in crescita, anche se fasi alterne, ma continuo nel medio periodo: oggi lo scenario è completamente mutato e per molte imprese si tratta di affrontare una realtà completamente sconosciuta, tipica delle profonde basi di cambiamento; 
  • Fino agli ultimi anni la flessibilità tipica di un modello imprenditoriale snello come solo le PMI “Padronali” hanno saputo essere è stato un fattore trainante, ma ora purtroppo è l’elemento che sta frenando più di ogni altro lo sviluppo delle stesse imprese.

 
Le sopra indicate considerazioni, senza alcuna pretesa di esaustività e completezza, sono indicate allo scopo di stimolare una riflessione, nella convinzione che solo attraverso una rapida “evoluzione culturale” delle nostre imprese, unitamente ad un altrettanto rapida crescita dimensionale, sarà possibile proseguire nel percorso di sviluppo delle stesse. 

Da un lato si tratta quindi di prendere atto delle mutate condizioni e dell’ inadeguatezza dei modelli imprenditoriali attuali e dall’altro lato di valutare con determinazione la necessità di rinunciare, almeno in questa fase, al “protagonismo individuale” tipico degli imprenditori/padroni dell’azienda, assecondando un rapido confronto con altre imprese (ad esempio in “logica di filiera”, piuttosto che secondo schemi di aggregazione “orizzontale”, tra aziende complementari).

Un ruolo prezioso per stimolare il suddetto confronto può essere certamente svolto dalle associazioni di categoria (Ass.ni industriali, artigianali, ecc), che tipicamente sono orientate a garantire lo sviluppo delle stesse realtà iscritte: l’unica condizione perché si generi uno sviluppo positivo è che queste stesse organizzazioni abbiano a disposizione le necessarie competenze e non alimentino solo occasioni di studio, di analisi o convegni, senza la prevalenza di attività mirate a concreti risultati.

Di fondo il primo passo che deve esser compiuto per affrontare il tema dell’aggregazione di imprese è senz’altro del tipo “culturale”, secondo una visione che nel contesto attuale quanto mai è attuale il “detto” che “l’unione fa la forza”. Da un punto di vista squisitamente operativo i passi da seguire possono essere i seguenti: 

  • Analizzare gli elementi essenziali  di un eventuale piano di sviluppo strategico dell’azienda, individuando in modo preciso l’ambito (ad esempio lo sviluppo e l’innovazione di prodotto e/o lo sviluppo di nuovi mercati), l’obiettivo (ad esempio la creazione di una posizione di leadership anche internazionale nella specifica nicchia di settore) e le risorse (ad esempio l’individuazione delle specifiche fonti di finanziamento per lo sviluppo del piano strategico);
  • Valutare la valenza di una o più aziende “capofila“ nell’ ipotetica aggregazione, e definire il profilo  della/e stessa/e;
  • Attivare un percorso di ricerca e confronto con le diverse imprese necessarie per completare il “perimetro”  dell’ipotizzata aggregazione;
  • Definire ed attuare il modello di “governance” della stessa aggregazione;
  • Impostare ed attuare il modello di “controllo e monitoraggio” della stessa aggregazione.

 
In sintesi,  se si accetta fin in fondo l’attuale contesto in qui le nostre PMI devono competere, comprendendone la rigidità e al tempo stesso la profondità del cambiamento ormai conclamato, quanto sopra prospettato probabilmente potrà apparire condivisibile.

La personale convinzione di chi scrive è che le nostre PMI non siano certamente in difetto di competenze, idee o qualsivoglia capacità tecnica, nè tutto sommato abbiamo gravi ed insanabili carenze finanziarie, ma che piuttosto il punto da cui partire sia il considerare inevitabile il percorso di aggregazione sopra indicato, dando il corretto valore al fattore “tempo”: infatti le recenti esperienze di successo di simili iniziative, hanno testimoniato un loro consolidamento in un arco temporale di due o tre anni. L’auspicio è quindi che, al termine del suddetto “percorso”, gli imprenditori più illuminati si possano ritrovare tra loro  accomunati in esperienze imprenditoriali di maggiori dimensioni (ad esempio con un target di 50 milioni di euro di fatturato aggregato e con una crescente managerialità della struttura), con articolati connotati internazionali, oltre che con  un buon livello di affidabilità da parte del sistema bancario/finanziario.

a cura di: 

dott. Andrea Cortellazzo

pubblicato su:

C&S Informa, volume 13, numero 5 anno 2012