Nel comparto energetico, grazie anche alle importanti agevolazioni fiscali introdotte al fine di incentivare gli investimenti di capitali nello sviluppo di progetti volti allo sfruttamento di fonti rinnovabili, si è assistito al proliferare di diversi schemi contrattuali il più frequente dei quali è rappresentato senza dubbio dalla creazione di una società veicolo (SPV – special purpose vehicle) nella quale l’investitore conferisce tutti gli assets necessari per la realizzazione e lo sfruttamento dell’impianto. Altrettanto spesso l’investitore, più che alla gestione della fase produttiva successiva alla realizzazione dell’impianto, è interessato alla realizzazione del valore aggiunto generato dalla creazione del progetto e conseguentemente la fase finale dell’investimento è rappresentata dalla cessione della partecipazione nella SPV.
Tale schema pone delle indubbie problematiche di natura fiscale almeno sotto due profili; il primo, rappresentato dalla possibilità di considerare “azienda” il progetto conferito in fase di gemmazione della SPV, ciò evidentemente per poter accedere ai benefici connessi alla neutralità fiscale dei conferimenti di azienda così come previsto dall’art. 176 TUIR, ed il secondo rappresentato dalla possibilità di addivenire alla successiva cessione delle partecipazioni in regime di PEX.
Al tema non è stata data ancora una soluzione univoca e definitiva da parte dell’amministrazione finanziaria ed anzi numerosi sono i dubbi interpretativi sorti per effetto, in particolare, di una risposta ad una interrogazione parlamentare fornita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (n. 5-01695 del 28 luglio 2009) con cui venivano chiesti chiarimenti in merito all’applicabilità della PEX alla cessione delle partecipazioni detenute in una società in fase di start-up; nel caso di specie si trattava di società che non aveva ancora iniziato la propria attività commerciale in quanto si trovava nella fase di completamento dei siti produttivi.
L’interpretazione ministeriale è stata assolutamente restrittiva nel senso che si è posta estrema rilevanza all’attività in concreto esercitata dalla società con la conseguenza che “se l’attività prevista dallo statuto non si può considerare iniziata, non è riscontrabile, in linea di principio, la sussistenza del requisito della commercialità necessario per fruire del regime di partecipation exemption”.
In tale contesto l’assimilazione della SPV operante nel settore energetico ed il caso della società in fase di start-up affrontato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze è particolarmente calzante in quanto molto spesso gli assets costituenti la SPV sono rappresentati da “carta” ovvero progetti, business plan, autorizzazioni, contratti di fornitura, contratti di finanziamento, preliminari di acquisto dei terreni, di locazione o di costituzione del diritto di superficie ecc., tutte situazioni, quindi, che pongono la società in una fase preparatoria del business e non di operatività dal punto di vista commerciale e produttivo.
Senza entrare per il momento nel merito della posizione ministeriale, alcune ulteriori riflessioni tuttavia meritano di essere esposte nel caso in cui la SPV sia sorta per effetto di un’operazione di conferimento.
Come noto i requisiti imposti dall’art. 87 del TUIR per poter usufruire della PEX sono:
- possesso ininterrotto della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell’avvenuta cessione;
- classificazione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie sin dal primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
- la società partecipata deve svolgere attività commerciale da almeno tre anni;
- la società partecipata non deve risiedere in un paese a fiscalità privilegiata.
In relazione al caso del conferimento, l’art. 87 del TUIR deve essere letto in combinato disposto con il comma 4 dell’art. 176 del TUIR, secondo cui “le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime di cui al presente articolo si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente o le operazioni di cui all’art. 178, in regime di neutralità fiscale, si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio”.
In sostanza, come peraltro chiarito dalla C.M. n. 36/E del 2004 “le partecipazioni ricevute in cambio dalla conferente si considerano iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita”.
Ed inoltre, “qualora il conferimento neutrale abbia ad oggetto un’azienda o un ramo aziendale, la partecipazione ricevuta viene assunta con un’anzianità pari a quella attribuibile all’azienda conferita”. Se ne deduce quindi che anche nelle operazioni di conferimento d’azienda, così come nelle fusioni e scissioni, si renda applicabile un principio di “successione” che consente di trasferire alle azioni della società conferitaria tanto il precedente periodo di possesso quanto la classificazione in bilancio.
Se tale è l’impostazione definita dal legislatore per l’applicazione del regime della partecipation exemption con riferimento ai punti 1) (ininterrotto possesso) e 2) (iscrizione tra le immobilizzazioni), è evidente che diventa centrale attribuire il corretto significato giuridico all’operazione di conferimento che costituisce la nascita della SPV, stabilendo quindi se il conferimento di un progetto, rappresentato prevalentemente da quegli intangibles poco sopra evidenziati, possa essere qualificato come un complesso organizzato di beni tali da essere definito un’azienda o meno. Solo nel primo caso, infatti, si renderebbe applicabile quel principio di continuità che consente di computare nell’holding period anche il periodo di possesso dei beni aziendali in capo alla conferente.
Venendo ora al requisito di cui al punto 3) (esercizio di un’attività commerciale da più di tre anni), giova anche in questo caso ricordare quanto chiarito dalla già richiamata C.M. n. 36/E del 2004 in base alla quale, con riferimento agli effetti sui requisiti oggettivi di eventuali operazioni straordinarie, “le nuove entità legali che originano da soggetti precedentemente esistenti ereditano da questi anche le caratteristiche rilevanti ai fini della valutazione dei requisiti di commercialità e residenza”. La Circolare, tuttavia, nell’esprimere l’applicabilità di tale principio di continuità si occupa delle sole operazioni di fusione e di scissione. L’operazione di conferimento viene, invece, affrontata dalla R.M. 227/E del 18 agosto 2009 nella quale si evidenzia che “coerentemente con la ratio che è alla base del disposto di cui al comma 4 dell’art. 176 del TUIR che riguarda, tra l’altro, i requisiti soggettivi ai fini pex, si ritiene che il principio di continuità possa essere esteso anche al requisito della commercialità di cui all’art. 87, comma1, lett. d) del TUIR, tenuto conto di quanto successivamente indicato la partecipazione detenuta nella conferitaria risulterà assistita dal requisito della commercialità rilevante ai fini dell’applicazione del regime pex solo se la conferitaria eredita il ramo commerciale di una società che sia prevalentemente commerciale, a condizione che detta attività venga ininterrottamente svolta anche dalla conferitaria fino alla data di cessione della partecipazione e nel rispetto del requisito temporale ai sensi dell’art. 87, comma 2, del TUIR”.
La condizione per il subentro nel requisito della commercialità è quindi rappresentata, ancora una volta, dalla possibilità di individuare in capo alla conferente un ramo d’azienda “commerciale”, trasferibile come tale trasferito alla conferitaria.
Dopo tali premesse quindi, appare evidente che ai fini del corretto inquadramento dell’operazione sulla base dello schema contrattuale preso a riferimento (conferimento in SPV e successiva cessione delle partecipazioni in pex) è necessario stabilire se il “progetto”, inteso come sopra ricordato quale insieme di intangibles funzionali alla realizzazione dell’impianto e quindi della fase produttiva, possa essere considerato o meno un’azienda e ciò per la verifica di almeno tre (escludendo quello della residenza) dei requisiti richiesti dall’art. 87 del TUIR per l’applicazione della partecipation exemption ovvero:
- ininterrotto possesso
- iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie
- commercialità
Infatti, sulla base di quanto fino ad ora argomentato:
- se il “progetto” può essere considerato azienda, nel computo dell’holding period può essere considerato anche il periodo di possesso dell’azienda in capo alla conferente in uno con il periodo di possesso delle partecipazioni successivo al conferimento;
- se il “progetto” può essere considerato azienda è verificato anche il requisito dell’iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni;
- se il “progetto” può essere considerato azienda, al fine della verifica del requisito della commercialità triennale è possibile tenere in considerazione anche lo status del dante causa ovvero della società conferente.
Abbracciando quanto statuito da una consolidata giurisprudenza di Cassazione si ha cessione di azienda quando le parti non hanno inteso trasferire una semplice somma di beni, ma un complesso organico unitariamente considerato, dotato di una potenzialità produttiva, tale da farne emergere ex ante, la complessiva attitudine anche solo potenziale all’esercizio d’impresa. In altri termini, la nozione di azienda deve essere valutata non in termini statici bensì in termini dinamici e prospettici nel senso che, verificata l’idoneità anche solo potenziale allo svolgimento di una attività produttiva, il mancato esercizio dell’azienda al momento del trasferimento, non esclude la possibilità di configurare come azienda il complesso di beni trasferito.
A parere di chi scrive quindi sarà necessario valutare attentamente caso per caso l’oggetto del conferimento per la qualifica della natura “aziendale” dei beni trasferiti al fine di verificare l’idoneità del “complesso” allo svolgimento di una attività produttiva.
Se la verifica sarà positiva sarà anche possibile conseguentemente individuare il dies a quo da cui far decorrere il possesso dei requisiti richiesti dall’art. 87 del TUIR per la migliore pianificazione fiscale dell’operazione di trasferimento.
Tutto ciò tuttavia deve essere letto in stretto parallelismo con quanto espresso ed argomentato nella citata interrogazione parlamentare ove, per memoria, si escluderebbe la sussistenza del requisito della commercialità laddove l’azienda si trovasse in fase di start-up
Tale interpretazione non appare assolutamente condivisibile in primo luogo in quanto andrebbe contro la ratio della stessa partecipation exemption che ineluttabilmente è quella di agevolare la circolazione di complessi patrimoniali che abbiano natura di veri e propri complessi aziendali funzionali all’esercizio di un’attività imprenditoriale. D’altronde il legislatore è intervenuto in modo esplicito per escludere alla radice la possibilità del ricorso alla pex per le c.d. società senza impresa ovvero stabilendo una presunzione assoluta di non commercialità nei casi in cui gli assets aziendali siano costituiti prevalentemente da immobili. Se tale è la ratio della norma non si comprende quindi per quale motivo dovrebbero essere penalizzate tutte quelle iniziative caratterizzate da lunghe fasi di gestazione, soprattutto per problemi amministrativi connessi al rilascio delle necessarie autorizzazioni e licenze, quali sono per l’appunto i progetti nel settore dell’energy.
Altro elemento che non consente l’accoglimento dell’interpretazione ministeriale è dato dal fatto che si addiverrebbe ad una suddivisione della vita operativa di un’impresa per “stati di avanzamento” ai quali viene attribuita una rilevanza fiscale profondamente differente. Il riferimento, evidentemente, è alla mancanza del riconoscimento nel computo dell’holding period di tutte quelle fasi pre-operative e propedeutiche, ancorchè indispensabili, alla realizzazione del business.
Se dal punto di vista sostanziale tali sono le conclusioni a cui si giunge, vi è da dire tuttavia che l’interpretazione restrittiva espressa dall’amministrazione finanziaria, potrebbe essere stata indotta dal tenore letterale della lett. d) del comma 1 dell’art. 87 del TUIR dalla quale si evince che il requisito della commercialità sia riferibile “all’esercizio da parte della partecipata di una impresa commerciale secondo la definizione di cui all’art. 55.”
A ben vedere numerose sono le pronunce ministeriali che hanno interpretato in modo restrittivo tale disposizione ma tutte riguardavano situazioni particolari nell’ambito delle quali l’operatività aziendale era costituita essenzialmente da un’attività di gestione (es. sfruttamento economico di marchi, affitto di azienda, concessione in locazione di immobili). Cosa molto diversa è invece negare la commercialità a società operative in fase di start-up.
Tenuto conto delle dimensioni che il settore della produzione dell’energia da fonti rinnovabili ha assunto e della numerosità delle iniziative, soprattutto di engeneering, che si stanno sviluppando è quanto mai opportuno un intervento chiarificatore, questa volta ufficiale, che dipani definitivamente i dubbi applicativi delineati.