Dopo una gestazione di oltre due anni ed alcuni rinvii, lo scorso 15 luglio è entrato in vigore il Codice della Crisi, corpus normativo pensato come un testo unico di riordino e semplificazione alla luce degli interventi normativi e giurisprudenziali succedutisi nel tempo. Con l'occasione va in pensione ogni riferimento al termine "fallimento" sostituito dalla socialmente meno inquietante "liquidazione giudiziale".
Il testo definitivo del Codice pur non dissimile nei principi dall'originaria versione subisce l'influenza degli interventi emergenziali adottati nel periodo pandemico ed è significativamente integrato e rimodellato dal Decreto legislativo n. 83/2022, che recepisce la Direttiva 1023/2019 (c.d Direttiva Insolvency), avente lo scopo di eliminare le differenze nelle legislazioni dei diversi Paesi della Comunità europea in materia di ristrutturazione preventiva, insolvenza, esdebitazione ed interdizioni. Il sistema così novellato vede il riordino anche della normativa riguardante lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell'imprenditore minore, dell'imprenditore agricolo, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale (ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali).
In materia di crisi o insolvenza delle imprese il dettato comunitario è chiaro e si fonda sul presupposto che le imprese e gli imprenditori sani, ma in difficoltà finanziarie, debbano accedere a "quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva" che consentano loro di continuare a operare ed agli imprenditori onesti insolventi o sovraindebitati di poter beneficiare di una seconda opportunità mediante l'esdebitazione dopo un ragionevole periodo di tempo. La Direttiva 1023/19 collega la salvaguardia delle aziende alla necessità di ridurre al minimo le perdite di posti di lavoro, evitare danni per i creditori nella catena di approvvigionamento, preservare il know-how e le competenze, con evidenti vantaggi per l'economia generale.
La scelta del Legislatore italiano è stata conseguentemente quella di muoversi secondo obiettivi incentrati sulla individuazione precoce della crisi e, ove necessario, sulla gestione anticipata del processo di risanamento. Il primo tassello è costituito quindi dalla rivisitazione di regole e strumenti finalizzati alla prevenzione ed emersione tempestiva di eventuali squilibri economico-finanziario-patrimoniali nella gestione delle aziende. È stato rafforzato nell'art. 2086 del Codice Civile il concetto degli adeguati assetti organizzativi, cui le imprese anche di piccole dimensioni devono conformarsi adattando la propria struttura gestionale all'esigenza di una visione anticipatoria (soprattutto finanziaria) dei fatti aziendali e, di conseguenza, degli eventuali segni premonitori di crisi. Nel contempo sono stati introdotti degli indicatori sensibili calcolati su alcune voci di debito al cui superamento scatta il segnale delle difficoltà in atto e la necessità di prendere delle iniziative conseguenti. A questi si aggiungono, tra gli altri, le segnalazioni all'imprenditore e all’organo di controllo (collegio sindacale) da parte di creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL) al superamento di predeterminate soglie di inadempimento.
Un secondo livello di intervento riguarda l'introduzione di percorsi di soluzione precoce della crisi di natura essenzialmente privatistica e negoziale, con eliminazione della previsione dell'OCRI, organismo di composizione negoziata previsto nell'originaria versione del Codice e mai divenuto operativo, che aveva natura vincolante per l'imprenditore su segnalazione di terzi. Oltre a mettere a disposizione degli imprenditori in una apposita piattaforma telematica ministeriale una serie di informazioni, liste di controllo e test pratici, il nostro Legislatore ha ripreso, integrato e trasfuso nella nuova normativa un istituto introdotto nell’agosto del 2021: la composizione negoziata della crisi. Trattasi di un istituto stragiudiziale di tipo volontaristico che dovrebbe essere utilizzato prima di arrivare ad una situazione di insolvenza. La composizione negoziata si caratterizza dalla presenza di un esperto che affianca l'imprenditore nell'ambito delle trattative con i creditori finalizzate al ritorno in una situazione di equilibrio aziendale. L'esperto, soggetto terzo ed indipendente nominato a seguito di istanza presentata tramite portale alla Camera di Commercio competente, deve prioritariamente comprendere se per l'impresa sussiste una ragionevole prospettiva di risanamento; in caso positivo svolge un ruolo di facilitatore con l'obiettivo di concludere l'iter in seno al percorso negoziale. In caso di insuccesso delle negoziazioni o in alternativa all'utilizzo della composizione negoziata all'imprenditore resta la possibilità di utilizzare altri strumenti di soluzione della crisi per evitare l'accesso alla liquidazione giudiziale.
Si tratta di istituti giuridici di tipo integralmente privatistico (piani attestato di risanamento) o di natura concorsuale. Per questi ultimi è previsto un procedimento giudiziale unitario. Trattasi degli accordi di ristrutturazione dei debiti che si presentano oggi con numerose varianti applicative, e del concordato preventivo liquidatorio o in continuità aziendale (soggettiva o indiretta mediante trasferimento a terzi del compendio aziendale) con un significativo favor del Legislatore per la seconda soluzione sulla spinta delle indicazioni contenute nella Direttiva 1023/2019. Tra gli strumenti concorsuali nel Codice della crisi rivisitato fa la sua apparizione anche il piano di ristrutturazione omologato, istituto di nuova introduzione caratterizzato dalla possibilità, a certe condizioni, di derogare alle regole rigide in materia di soddisfazione dei creditori privilegiati. Per le situazioni di crisi irreversibile, infine, la procedura fallimentare viene sostituita dalla liquidazione giudiziale, istituto reso più snello maggiori poteri al curatore ed affidando al giudice delegato una funzione principalmente di controllo. Quello che si presenta è quindi un quadro variegato di strumenti finalizzato in via prioritaria ad evitare fenomeni di dissoluzione aziendale favorendo il risanamento. È una normativa che potrebbe scontare ancora alcune future sistemazioni posto che il Legislatore è arrivato a chiudere i lavori pressato dai termini sanciti dalla Direttiva. L’auspicio è che la complessità e le conseguenti incertezze interpretative non si traducano in un freno nell’applicazione delle nuove regole di condotta e che i principi comunitari vengano assorbiti favorendo un graduale evoluzione culturale nei diversi soggetti, imprenditori, professionisti e organi giudiziari, coinvolti dai fenomeni di crisi aziendale.
Qui l'editoriale di Peracin sullo stesso tema, pubblicato in Corriere Imprese di luglio 2022: cortellazzo-soatto.it/it/nuovo-codice-della-crisi-impresa-corriere-imprese-editoriale-peracin-e-commento-tagliavini