Non v’è chi non veda come il Brasile stia vivendo una fase nuova della sua storia, non più un insieme di risorse potenziali da esplorare, ma già concreto fenomeno economico in forte crescita.
Un mercato che probabilmente nel passato è stato esclusivamente ad appannaggio di grandi realtà (tra le italiane: Fiat, Pirelli, Telecom, Eni, Enel, etc.), ma che negli ultimi anni ha visto investire numerose PMI oltre oceano.
Tale tendenza verso questo Paese è dunque prova di un cambiamento che, anche in seguito alla crisi economica mondiale, impone ai nostri PM-imprenditori nuove geografie, dove, quanto mai prima, si dovrebbe esser presenti.
Il più grande Paese del Sud America (il quinto più grande al mondo), una popolazione di quasi 200 milioni di abitanti, un interscambio con il resto del mondo in crescita quasi del 40% nel 2010, circa 350 miliardi di US$ di riserve valutarie (sesto maggiore al mondo), P.i.l. 2010 in crescita del 7,5% (maggiore degli ultimi 25 anni): segnali di un’economia a dir poco interessante.
Attraverso i governi Cardoso, Lula e ora Rousseff si sono via via perseguite, all’insegna della stabilità politica e democratica, ambiziose strategie di sviluppo economico e sociale: riduzione dell’inflazione, della povertà e della disoccupazione, incentivi alle esportazioni, al micro-credito e ai consumi, benefici fiscali, ampliamento degli investimenti e incentivi a supporto dell’imprenditoria[1].
Negli ultimi 3 anni, 45 milioni di abitanti sono entrati a far parte della middle class brasiliana, riducendo il tasso di povertà del Paese, registrando un aumento dei salari e con essi il potere d’acquisto, in particolare di beni durevoli e prodotti di largo consumo.
Il Brasile sta oggi attraendo esportatori, investitori e manager da tutto il mondo e in questo scenario incoraggiante le opportunità per le PMI italiane sono molteplici e continue, grazie all’affinità storico-culturale che lega Brasile e Italia, ad un sistema giuridico che come quello italiano si fonda sul diritto romano, al grande “appeal” del made in Italy sui consumatori brasiliani, specialmente quelli con potere d’acquisto medio-alti.
Non va dimenticato che il Brasile ospiterà la Coppa del Mondo di calcio nel 2014 e i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro nel 2016, manifestazioni che prevedono un’onda lunga con effetti importanti almeno fino al 2020, con forti investimenti previsti per la viabilità urbana, porti ed aeroporti, energia elettrica, servizi igienici di base, hotel e strutture ricettive, ospedali e sicurezza.
Investire in Brasile: la registrazione del capitale straniero
Gli investimenti stranieri in Brasile sono da sempre oggetto di attenta e specifica regolamentazione. La locale Banca Centrale (Banco Central do Brasil) è un organismo con potere normativo e di controllo, in sede valutaria, inserito nell’ambito del potere esecutivo, privo quindi della caratteristica di indipendenza esistente in vari altri Stati.
Il capitale straniero deve essere registrato[2] (mediante dichiarazione elettronica, a partire dal settembre del 2000) presso il Registro Declaratòrio Eletronico del Banco Central do Brasil. Tale registrazione rappresenterà i valori investiti in moneta straniera, il controvalore in moneta locale ed il numero di azioni o quote detenute dall’investitore.
Tale registrazione costituisce il presupposto necessario per la rimessa degli utili all’estero, per il re-investimento degli stessi e per il rimpatrio del capitale investito.
Esistono varie modalità di registrazione, in base al tipo di investimento:
In via di principio, non esistono restrizioni alla distribuzione di utili e conseguentemente alla rimessa degli stessi all'estero. Gli utili maturati e distribuiti a partire dal 1996 non sono soggetti ad imposta.
Il Brasile ha firmato trattati per evitare la doppia imposizione con i seguenti Paesi: Sud Africa, Argentina, Austria, Belgio, Canada, Cile, Cina, Corea del Sud, Danimarca, Ecuador, Spagna, Filippine, Finlandia, Francia, Olanda (Paesi Bassi), Ungheria, India, Israele, Italia, Giappone, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Perù, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Svezia e Ucraina: tali trattati determinano le regole per evitare l’incidenza tributaria nei due paesi firmatari per le categorie di redditi indicate negli stessi. In particolare il trattato tra Italia e Brasile è stato sottoscritto il 3 ottobre 1978 ed è entrato in vigore a far data dal 1982[3].
Sic stantibus, gli utili prodotti da imprese con sede in Brasile e di proprietà di persone fisiche o giuridiche domiciliate o con sede all’estero, investiti nuovamente nella stessa impresa o in altro settore interno dell’economia, sono disciplinati specificatamente a titolo di “reinvestimento de lucros”. In tale ipotesi deve essere effettuata la registrazione affinché possano essere ottenuti gli stessi effetti garantiti dalla registrazione del capitale straniero inizialmente investito.
Non esiste alcuna restrizione, assoggettamento ad imposte o necessità di autorizzazione per il rimpatrio totale del capitale investito e registrato presso il Banco Central do Brasil. Gli importi che eccedono i valori registrati saranno considerati utili di capitale e assoggettati ad imposizione tributaria prima della rimessa all’estero. Il Banco Central analizza il patrimonio netto dell’impresa basandosi sui dati del bilancio patrimoniale e potrà non autorizzare il rimpatrio totale degli importi registrati nell’ipotesi in cui la rimessa causi una perdita della liquidità patrimoniale della società o l’impresa risulti essere insolvente.
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[1] Tra gli altri i PAC1 e PAC2 – Piani di Accelerazione della Crescita; il programma “Minha Casa Minha Vida” che prevede agevolazioni per l’abitazione a famiglie a basso reddito; il “Bolsa Familia” fornisce sussidi finanziari per la sanità e l’educazione dei bambini delle famiglie meno abbienti; il progetto “Scienze Senza Frontiere”, con il quale il Governo brasiliano ha deciso di far specializzare 75.000 studenti borsisti nelle università di tutto il mondo (da Medicina a Biologia, da Ingegneria a Informatica).
[2] Modulo RDE-IED.
[3] Per i dividendi, vedasi l’art. n. 10.
a cura di:
dott. Alberto Pisarro
pubblicato su:
Il Commercialista Veneto n. 203/204 - settembre / dicembre 2011