Con l’avvicinarsi del termine di approvazione dei bilanci d’esercizio 2012 occorre valutare con attenzione le novità apportate dai diversi provvedimenti normativi emanati nel corso dell’anno e che potrebbero impattare sulla loro predisposizione e chiusura.
I Decreti Legge Semplificazioni Fiscali[1] e Crescita e Sviluppo[2] hanno introdotto importanti novità nella predisposizione dei bilanci relativi all’esercizio chiuso al 31/12/2012. In particolare le modifiche più significative sono relative:
Un’ulteriore novità da considerare riguarda la valutazione dei titoli iscritti nell’attivo circolante. Contratti di leasing Il cd. “Decreto Semplificazioni fiscali” ha introdotto nuove regole in tema di deducibilità dei canoni di leasing dal reddito d’impresa[3]. In particolare i canoni dei contratti di locazione finanziaria stipulati a partire dal 29/04/2012 (data di entrata in vigore della Legge di conversione del decreto) possono essere dedotti dal reddito d’impresa indipendentemente dalla durata del contratto, anche se, ai fini fiscali, la deducibilità in ciascun esercizio deve continuare ad avvenire entro un certo limite temporale che tiene conto del periodo di ammortamento del bene.
A differenza dei contratti stipulati sino al 28/04/2012, per i quali la deducibilità dei canoni era ammessa solo se il contratto presentava una determinata durata minima, per i nuovi contratti di leasing la durata minima del contratto non è più prerequisito per la deducibilità dei canoni, ma rileva unicamente come parametro per individuare il periodo di competenza fiscale.
Da un punto di vista operativo ciò significa che se la durata contrattuale è almeno pari a quella minima fiscale i canoni saranno deducibili parallelamente all’imputazione a Conto economico (fatte salve ulteriori variazioni in aumento riguardanti la quota interessi e la quota terreno dei leasing immobiliari). Se, invece, la durata contrattuale è inferiore a quella minima fiscale i canoni saranno deducibili con un ritmo più lento rispetto a quello di imputazione a bilancio; tuttavia per ciascun esercizio dovranno essere effettuate apposite variazioni temporanee in aumento in sede di dichiarazione dei redditi con lo stanziamento delle relative imposte anticipate.
In quest’ultimo caso, inoltre, si presenterà il problema del recupero delle citate differenze temporanee per il quale, allo stato attuale, non c’è uniformità di vedute[4].
Perdite su crediti
Il cd. “Decreto Crescita e Sviluppo” ha sostanzialmente modificato la disciplina di deducibilità dal reddito d’impresa delle perdite su crediti, ampliando le ipotesi di deducibilità automatica. La modifica interessa sia le perdite relative a crediti vantati nei confronti di debitori assoggettati a procedure concorsuali, sia le perdite relative a crediti vantati nei confronti di debitori non assoggettati a procedure concorsuali[5].
In seguito alle modifiche apportate, viene consentita la deducibilità immediata delle perdite generatesi per effetto dell’omologazione, da parte del Tribunale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis della Legge Fallimentare. La normativa fiscale prima delle modifiche consentiva, invece, la deducibilità automatica solamente se il debitore era assoggettato ad una procedura concorsuale, identificabile nel fallimento, nella liquidazione coatta amministrativa, nel concordato preventivo e nell’amministrazione straordinaria[6].
Non si registrano novità, di contro, sull’individuazione del periodo di imposta in cui è legittimo dedurre la perdita, per la quale dovrebbero valere i consueti criteri elaborati nel corso degli anni dalla prassi, dottrina e giurisprudenza[7]. Di conseguenza, il diritto di deduzione della perdita può essere esercitato, oltre che nell’esercizio di apertura della procedura, anche in un periodo d’imposta successivo, purché in tale esercizio si verifichino gli eventi che determinino con certezza l’impossibilità di recupero del credito. Il tema, tuttavia presenta spesso profili di criticità in sede di verifica fiscale, di cui è bene tenere conto.
Nei confronti dei debitori non assoggettati a procedure concorsuali, invece, gli elementi certi e precisi che permettono la deducibilità automatica della perdita su crediti per effetto della novella normativa si ritengono in ogni caso sussistenti qualora il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento del credito stesso o, in alternativa, quando il diritto alla riscossione risulti prescritto.
Ai fini della normativa in esame un credito è considerato di modesta entità quando risulta di un importo non superiore ad Euro 5.000,00 per le imprese di più rilevante dimensione[8] e non superiore ad Euro 2.500,00 per le altre imprese.
La nuova disciplina che appare diretta ad agevolare i contribuenti sul piano fiscale a seguito dell’incremento di crediti ritenuti automaticamente inesigibili presenta, però, diversi dubbi interpretativi sul piano operativo che ad oggi non conoscono risposte ufficiali.
Con riferimento ai crediti di modesta entità scaduti da oltre sei mesi non è chiaro se la scadenza da oltre sei mesi sia un elemento derogabile, nel senso che il contribuente possa dedurre la perdita anche se tale periodo non è ancora trascorso. La risposta dovrebbe essere affermativa anche se la deduzione non risulterebbe automatica, ma sarebbe ancorata alla dimostrazione da parte del contribuente degli elementi certi e precisi non insiti – nella fattispecie - nel requisito normativo.
Inoltre, dovrebbe essere possibile rinviare, in tutto o in parte, la deduzione della perdita in un esercizio successivo a quello in cui maturano i sei mesi, laddove si ritenga che il credito possa essere ancora recuperato. In sostanza il decorso dei sei mesi rappresenterebbe il dies a quo per rilevare la perdita a bilancio, senza che si perda la possibilità di dedurla negli esercizi successivi, ferme restando le considerazioni di carattere prudenziale più sopra richiamate.
Ulteriore riflessione riguarda l’impatto di tali novità dal punto di vista del debitore. Se la deduzione della perdita deriva da un fatto preciso che non può essere disconosciuto dal debitore, questo dovrà rilevare una sopravvenienza attiva che risulterà fiscalmente rilevante. Se, al contrario, la deducibilità della perdita risulta essere una mera valutazione del creditore è molto probabile che il debitore possa continuare a mantenere iscritto il proprio debito a bilancio, magari nella convinzione di poterlo saldare, ancorché siano trascorsi più di sei mesi dalla scadenza e quindi senza realizzazione di nessuna sopravvenienza.
Con riferimento ai limiti quantitativi la norma non chiarisce a quale valore si debba fare riferimento e quale ammontare occorra considerare nei confronti di ogni cliente. Sembra più ragionevole riferirsi al valore legale della pretesa creditizia non considerando il valore contabile e/o fiscale, che potrebbe essere influenzato da svalutazioni. Sul piano letterale, inoltre, la norma sembrerebbe dare rilievo alla singola posizione creditoria, quantomeno laddove le partite derivino da rapporti giuridici differenti o comunque siano suscettibili di diversa tutela legale.
Relativamente alla prescrizione[9] si ritiene che questa riguardi la generalità dei crediti e non solo quelli di modesta entità. Anche in questo caso non sembra preclusa la possibilità di dedurre la perdita prima dell’avvenuta prescrizione, ma sarà sempre onere del contribuente dover dimostrare gli elementi di certezza e precisione richiesti dalla legge.
Analizzando il profilo del debitore si può affermare che l’avvenuta prescrizione influenzi sicuramente anche la sua posizione, in quanto dovrà rilevare una sopravvenienza attiva che risulterà fiscalmente rilevante.
Per entrambe le modifiche la norma non prevede una decorrenza specifica e pertanto, in ossequio allo Statuto del Contribuente, esse dovrebbero trovare applicazione a decorrere dal periodo d’imposta 2013. Tuttavia la ratio della norma, favorevole al contribuente, milita a favore della decorrenza immediata, e cioè a partire dal periodo 2012 per i soggetti “solari”.
Si può, quindi, ritenere che le nuove disposizioni riguardino soltanto le perdite su crediti dell’esercizio 2012, anche se dovrebbero essere ricompresi sia i crediti di modesto importo scaduti da oltre sei mesi prima del 2012, ma per i quali non sono state ancora dedotte le perdite, sia i crediti la cui prescrizione operi dal periodo d’imposta 2012. Per i crediti prescritti in periodi di imposta precedenti al 2012, invece, la deduzione della perdita sembra preclusa, in quanto il creditore avrebbe dovuto dedurla nel periodo in cui è intervenuta la prescrizione, stante l’impossibilità di poter far valere il proprio diritto negli esercizi successivi (peraltro, sul punto dovrebbe potersi applicare il principio sopra richiamato secondo cui l’intervenuta prescrizione dovrebbe potersi considerare dies a quo ai fini della deduzione fiscale). Inoltre, per i crediti imputati a perdita negli esercizi precedenti al 2012 e ripresi a tassazione per assenza dei requisiti di certezza e precisione, e per i quali nel 2012 interviene la prescrizione, sembrerebbe consentito dedurre la perdita mediante una variazione in diminuzione nella dichiarazione dei redditi, nonostante la perdita sia stata imputata a Conto economico in esercizi precedenti.
Rimborso ai fini IRES per la mancata deduzione dell’IRAP sul costo del lavoro
Il Decreto Semplificazioni Fiscali ha previsto la facoltà di presentare istanza di rimborso ai fini IRES/IRPEF per l’imposta versata in eccesso nei periodi precedenti a quello in corso al 31/12/2012 a seguito della deduzione analitica dell’IRAP pagata sul costo del lavoro[10].
La scelta di presentazione di tale istanza produce effetti sul piano contabile. Innanzitutto, il rimborso darà sicuramente luogo ad una sopravvenienza attiva straordinaria non tassabile ai fini delle imposte sul reddito da ricomprendere alla voce E.20 del Conto economico e originerà come contropartita un credito tributario da contabilizzare alla voce C.II.4-bis dell’attivo dello Stato patrimoniale.
Un dubbio frequente riguarda l’esercizio in cui debba essere rilevata la sopravvenienza attiva, per il quale bisogna coordinare il principio di competenza con quello della prudenza. Sembra più corretto iscrivere il credito in oggetto già nel bilancio chiuso al 31/12/2012, in considerazione del fatto che il citato decreto legge potrebbe rappresentare quel titolo che legittima l’iscrizione in bilancio dei crediti diversi da quelli commerciali[11].
Inoltre, sulle somme da rimborsare e a partire dal giorno di pagamento della maggior IRES/IRPEF matureranno interessi attivi per il ritardato pagamento di imposte che possono essere già contabilizzati al 31/12/2012.
Infine occorre valutare se procedere all’iscrizione delle imposte anticipate relative alle eventuali maggiori perdite emerse negli esercizi oggetto di rimborso e che potranno essere utilizzate nei periodi d’imposta successivi al 2012. Come stabilito dal documento OIC 25, infatti, la rilevazione delle imposte anticipate è ammessa alla sola condizione che sia ragionevole attendersi una loro concreta utilizzazione attraverso la generazione di futuri redditi imponibili e capienti rispetto alle perdite fiscali che vengono riportate.
Credito d’imposta per le nuove assunzioni di personale altamente qualificato
Il Decreto Crescita e Sviluppo ha istituito a decorrere dal 2012 un nuovo credito d’imposta pari al 35% del costo aziendale, con un massimo di Euro 200.000,00, sostenuto per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato in possesso di laurea magistrale a carattere tecnico o scientifico, purché impiegato in attività di ricerca e sviluppo, o in possesso di dottorato di ricerca senza vincoli sulle attività di impiego[12].
Per fruire del credito d’imposta le imprese dovranno presentare apposita istanza telematica secondo le modalità tecniche predisposte dal Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con apposito decreto attuativo che ad oggi non risulta ancora emanato.
In attesa del presente decreto attuativo sotto l’aspetto contabile l’agevolazione potrebbe essere rilevata già nel bilancio in chiusura al 31/12/2012 considerando le sole e nuove assunzioni agevolate effettuate dal 26/06/2012 (data di entrata in vigore del presente decreto), ma sul punto la prudenza deve essere massima. Ai fini fiscali, come stabilito dallo stesso decreto, inoltre, tale componente positivo non concorrerà né alla formazione del reddito né della base imponibile IRAP e quindi dovrà essere sterilizzato attraverso una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi.
Titoli iscritti nell’attivo circolante
Secondo l’art. 2426, co. 1, n. 9 del c.c. i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni devono essere valutate al minore tra il costo di acquisto o di produzione e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato. In linea generale, quindi, qualora il valore d’iscrizione in bilancio dei titoli ecceda il valore di mercato, la svalutazione opera in modo automatico e prescinde da una valutazione degli amministratori.
In considerazione dell’eccezionale situazione di turbolenza dei mercati finanziari e con riferimento all’esercizio 2008, però, l’art. 15, co. 13 del D.L. 185/2008 aveva introdotto una deroga a tale ordinario criterio di valutazione stabilendo che “i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali (…) possono valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione così come risultante dall’ultimo bilancio o, ove disponibile, dall’ultima relazione semestrale regolarmente approvati”. La deroga consentiva, in sostanza, la possibilità di non svalutare i titoli al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato a condizione che la perdita di valore non avesse carattere durevole.
Tale deroga è stata prorogata agli esercizi 2009, 2010, 2011 e da ultimo al 2012[13]. L’applicazione reiterata della proroga impone, però, alcune riflessioni. Se è vero, infatti, che la possibilità di non svalutare i titoli è ammessa a condizione che la perdita non abbia carattere durevole questo può ragionevolmente valere per i titoli acquistati nell’esercizio 2012. Analoga considerazione risulta, invece, maggiormente problematica per i titoli già in portafoglio da diversi anni, per i quali la proroga potrebbe fornire la conferma che le variazioni negative abbiano i requisiti per considerare durevole una perdita di valore. Tale aspetto non deve essere sottovalutato nemmeno dagli amministratori che sono tenuti ad indicare nella Nota integrativa, e in relazione all’esercizio della deroga, le motivazioni che hanno portato a non considerare durevole la perdita di valore del titolo.
[1] D.L. del 02/03/2012 n. 16, convertito dalla Legge del 26/04/2012 n. 44.
[2] D.L. del 22/06/2012 n. 83, convertito dalla Legge del 07/08/2012 n. 134.
[3] Cfr. art. 4-bis, co. 1, lett. b) del D.L. 16/2012 che riscrive l’art. 102, co. 7 del TUIR.
[4] Sul punto si vedano la Circolare Assilea del 28/05/2012 n. 18 e la Circolare Assonime del 28/05/2012 n. 14.
[5] Cfr. il nuovo art. 101, co. 5 del TUIR, riscritto dall’art. 33, co. 5 del D.L. 83/2012.
[6] Continuano a rimanere esclusi i piani di risanamento attestati da un professionista qualificato ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. d) del R.D. 267/1942, considerata l’assenza dell’intervento dell’autorità giudiziaria in tali piani.
[7] Si veda, su tutte, la sentenza della Corte di Cassazione n. 12831 del 04/9/2002.
[8] Ai sensi dell’art. 27, co. 10 del D.L. 185/2008 si considerano di più rilevante dimensione le imprese che conseguono un volume d’affari o ricavi non inferiori ad € 300.000.000,00 fino al 2009. Con i Provv. Direttore Agenzia Entrate del 16/12/2009 e del 20/12/2010 tale ammontare è stato ridotto rispettivamente ad € 200.000.000,00 per il 2010 e ad € 150.000.000,00 dal 2011.
[9] Ai sensi dell’art. 2935 c.c. il termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, vale a dire dal momento in cui lo stesso è sorto. Ai sensi dell’art. 2946 c.c. il termine ordinario di prescrizione è di dieci anni, ma bisogna considerare la tipologia di credito per capire se emergono i seguenti elementi: termini di prescrizione più brevi, presenza di eventuali interruzioni o sospensioni e rilevanza di eventuali prescrizioni presuntive.
[10] Cfr. art. 4, co. 12 del D.L. 16/2012 che ha inserito l’art. 2, co. 1-quater al D.L. 201/2011.
[11] Cfr. Circolare Assonime del 15/01/2013 n. 1.
[12] Cfr. art. 24 del D.L. 83/2012.
[13] Cfr. art. 1 del D.M. del 18/12/2012 pubblicato sulla G.U. del 21/12/2012 n. 297.
a cura di:
dott. Giacomo Disarò
pubblicato su:
C&S Informa, volume 14, numero 3 anno 2013