La rivalutazione dei beni d'impresa

Temi e Contributi
04/04/2014

La Legge di stabilità per il 2014 ripropone la possibilità di rivalutare i beni d’impresa, perpetuando, a distanza di cinque anni dall’ultima edizione, una disposizione che si ripresenta ad intervalli più o meno regolari da oltre un decennio.

La struttura della norma, nella versione attuale, rimanda all’impianto normativo previsto dalla “vecchia” Legge 342 del 2000, sulla cui scia si sono inserite, con varianti di volta in volta più o meno marcate, le rivalutazioni dei beni d’impresa degli anni duemila. Rispetto alla norma originaria, tuttavia, come si avrà modo di vedere nel prosieguo del presente contributo, esistono alcune significative differenze, che possono anche finire per depotenziare l’interesse della disposizione sotto un profilo di ottimizzazione fiscale.

Le imprese hanno la possibilità di rivalutare, mediante la corresponsione di un’imposta sostitutiva dell’ires, Ire ed Irap, i beni costituenti immobilizzazioni materiali e finanziarie, presenti nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2013 e 31 dicembre 2012 (per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare). Nel dettaglio e schematicamente, detta possibilità si articola come segue: 

  • Sotto un profilo soggettivo, la disposizione  interessa le società di capitali, di persone e le imprese individuali, anche qualora adottino il regime di contabilità semplificata. 
  • Sotto un profilo oggettivo, è possibile rivalutare i beni ammortizzabili ed i beni non ammortizzabili, iscritti tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso al 31.12.2013, nonché in quello chiuso il 31.12.2012 (per soggetti “solari”); in coerenza con tale condizione normativa, in passato l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di precisare che i beni riscattati al termine di un contratto di leasing (o per riscatto anticipato) nel corso dell’esercizio 2013 non possono essere rivalutati, poiché non iscritti all’attivo del bilancio chiuso il 31.12.2012. A tal fine, non è stata ritenuta sufficiente l’ampia informativa che le disposizioni del Codice Civile richiedono sia espressa nella nota integrativa con riferimento ai contratti di leasing. 
  • La rivalutazione va operata per Categorie omogenee di beni, vale a dire per tutti i beni che risultano omogenei sulla scorta delle suddivisioni di seguito riportate, in particolare:

a) Per i beni mobili non registrati:  la categoria omogenea viene ritenuta tale laddove vi sia omogeneità per anno di formazione e coefficiente di ammortamento.
b) Per i beni immobili sono previste 5 categorie omogenee, per le quali non rileva l’anno di acquisizione, in particolare:                                                    
    i.     Aree fabbricabili;                                                  
    ii.    Aree non fabbricabili;                                                 
    iii.    Immobili strumentali per natura;                                                
    iv.   Immobili strumentali per destinazione;                                                  
    v.    Immobili patrimonio;
c) Per i beni non ammortizzabili costituiti da partecipazioni (di controllo ai sensi dell’articolo 2359 del Codice civile) la singola partecipazione costituisce categoria a sé.
d) Per i beni mobili registrati sono previste tre categorie omogenee, in particolare costituite da: i)aeromobili; ii) navi; veicoli. È stato precisato in passato, e si ritiene tutt’ora valido, il chiarimento ministeriale che prevede la non obbligatorietà di rivalutazione dei beni a deducibilità limitata (primi tra tutti le autovetture).
e) Per i beni immateriali, infine, la categoria omogenea è costituita dal singolo bene. 

Risulta opportuno richiamare l’attenzione circa il fatto che, ad avviso dell’Amministrazione Finanziaria,  la non corretta rivalutazione dei beni per categoria omogenea comporta la decadenza della rivalutazione per l’intera categoria, con le relative conseguenze di carattere fiscale. 

  • Un altro aspetto di particolare importanza da tenere presente è costituito dai criteri che possono essere adottati al fine della quantificazione della rivalutazione. Può, in particolare, essere fatto riferimento al valore di mercato o al valore d’uso, vale a dire un riferimento al costo di sostituzione per il primo ed al valore che assume il cespite all’interno del processo della singola impresa per il secondo. Sin dalla legge 342/200, è stato chiarito che, ferma restando la possibilità di applicare un criterio per la rivalutazione di una categoria omogenea ed un altro criterio per la rivalutazione di un’altra categoria, non è tuttavia possibile utilizzare due distinti criteri all’interno della medesima categoria omogenea. 
  • Per quanto concerne l’espressione a livello contabile della rivalutazione, sono previsti tre metodi: il primo prevede la possibilità di incrementare il costo storico, affinché il valore netto (quindi costo storico aumentato della rivalutazione da cui sottrarre il fondo di ammortamento) sia allineato al valore obiettivo; il secondo prevede un incremento sia del costo storico, che del fondo di ammortamento; il terzo, infine, consiste nell’apportare una decurtazione del fondo di ammortamento, facendo quindi risultare la rivalutazione del cespite tramite un incremento del valore netto a parità di costo storico. Sono peraltro ammesse combinazioni dei tre metodi sintetizzati, anche per singolo bene, all’interno della categoria omogenea.
  • Come per le precedenti “edizioni” delle disposizioni di rivalutazione dei beni di impresa, in ogni caso il limite massimo della rivalutazione è rappresentato dal valore economico del bene, come esplicitamente previsto dall’articolo 11 della Legge 342/2000; al proposito, peraltro, la stessa disposizione di legge prevede che il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale, ove esistente, nelle rispettive relazioni indichino e motivino i criteri seguiti nella rivalutazione delle varie categorie omogenee ed attestino il rispetto del limite massimo.
  • La legge di rivalutazione, nella versione odierna, prevede un effetto fiscale differito. Infatti, benché essa sia rappresentata nel bilancio del 2013, tuttavia gli effetti fiscali si faranno sentire nel tempo, precisamente a partire dal terzo esercizio successivo al bilancio in cui viene effettuata (quindi ai fini della deducibilità dei maggiori ammortamenti,  del concorso a determinare la base per il calcolo del limite del 5% per le spese di manutenzione, della rilevanza ai fini dei parametri da utilizzare per le c.d. “società non operative” o “di comodo”), mentre ai fini della rilevanza per la determinazione della plusvalenza nel caso di vendita del bene rivalutato, essa assume rilevanza a partire dal quarto periodo di imposta successivo. Detta rilevanza fiscale differita, unita ad una differenza di aliquota tra l’imposta sostitutiva e quella ordinaria non particolarmente pronunciata, sono elementi che rendono nel complesso la rivalutazione in esame meno appetibile rispetto a quella di edizioni precedenti.
  • Il saldo attivo di rivalutazione, che naturalmente non transita per il conto economico, deve essere allocato in una apposita riserva di rivalutazione denominata con riferimento alla norma in commento, al netto dell’imposta sostitutiva. Sotto il profilo civilistico essa può essere ridotta solo con le formalità adottate per la riduzione del capitale, quindi con l’osservanza delle prescrizioni di cui all’articolo 2445 del Codice Civile, mentre sotto il profilo fiscale costituisce riserva in sospensione di imposta che concorre quindi – in caso di distribuzione – a formare l’imponibile della società (nell’ammontare determinato al lordo dell’imposta sostitutiva sulla base dell’interpretazione ministeriale) e dei soci. Peraltro, è possibile procedere all’affrancamento del saldo attivo di rivalutazione, mediante corresponsione di un’ulteriore imposta sostitutiva pari al 10%, rendendo quindi la riserva non più in sospensione di imposta.
  • È, infine, prevista la possibilità di riallineare i valori civilistici e fiscali, qualora risultino appunto disallineati, fattispecie oggi ben più rara rispetto al passato (quando fino al 2004 era piuttosto comune, per esempio, il disallineamento derivante dalla determinazione degli ammortamenti anticipati “fuori bilancio”, attuati mediante variazione in diminuzione dall’imponibile fiscale). Oggi si ritiene che i disallineamenti possano derivare sostanzialmente da operazioni straordinarie fiscalmente neutrali realizzate nel 2012 e non affrancate in Unico 2013, da valutazione di partecipazioni con equity method, oppure da rivalutazioni volontarie operate in esercizi passati. Di seguito sono proposte in forma schematica le particolarità che connotano il riallineamento rispetto alla rivalutazione:

a) Non si opera per categorie omogenee.
b) Non si dà luogo ad incremento di patrimonio netto, ma è ugualmente necessario vincolare una quota del netto.
c) Dovrebbe essere affrancabile anche la riserva in sospensione così creata.

Si ritiene infine utile segnalare qualche aspetto e/o chiarimento fornito con riferimento a precedenti norme di rivalutazione e ritenuto tutt’ora valido.

  • In occasione dell’ultima legge di rivalutazione (applicata ai bilancio 2008 per i soggetti “solari”) l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che l’area sottostante al fabbricato deve essere considerata quale bene non ammortizzabile, pertanto in modo separato dall’immobile.
  • Diversamente da quanto concesso con la rivalutazione originariamente introdotta dalla Legge 342, sembrerebbe ad oggi corretto operare la rivalutazione  sotto un profilo contabile quale ultima scrittura dell’esercizio 2013, pertanto facendo gravare i maggiori ammortamenti derivanti dalla rivalutazione a partire dal conto economico del 2014, in conformità a quanto affermato nel 2009 dal principio dell’Organismo Italiano di Contabilità OIC 3.
  • Come visto, l’effetto fiscale della rivalutazione è differito di tre anni. Conseguentemente, dovrà essere presa in esame la fiscalità differita derivante da tale circostanza.
  • Occorre, infine, tenere presente che la rivalutazione deve essere rappresentata anche nel modello Unico 2014, compilando il quadro RQ (in particolare i righi RQ71-RQ79 relativamente all’imposta imposta sostitutiva per quanto concerne le società di capitali) ed il quadro RV (per il disallineamento dato dall’effetto fiscale posticipato – causale “2”).

a cura di: 

dott. Franco Di Ciaula

pubblicato su:

C&S Informa, volume 15, numero 1 anno 2014