Accade frequentemente, nel corso delle trattative per l’acquisto di un immobile, che l’agente immobiliare pretenda la sottoscrizione, da parte del potenziale acquirente, di una scrittura (solitamente qualificata come “proposta irrevocabile di acquisto”), nella quale si propone di acquistare l’immobile ad un certo prezzo, impegnandosi, in caso di accettazione della proposta da parte del potenziale - venditore, a sottoscrivere entro una certa data il contratto preliminare, per poi concludere, in un momento ulteriore, il contratto definitivo; alla sequenza di scritture – contratti corrisponde, di norma, la corresponsione di importi in denaro a titolo di penale, caparra confirmatoria e/o acconti sul prezzo.
Ebbene, ad un tale modo di procedere, per la verità assai diffuso, pone un freno la Corte di Cassazione, la quale, con la Sentenza n. 8038 del 2 aprile 2009 afferma il principio secondo cui “non va riconosciuta come possibile funzione del preliminare di compravendita – oltre quella sua propria dell’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, a norma del primo comma dell’art. 2932 c.c. – anche quella di obbligarsi ad obbligarsi ad ottenere quell’effetto, non risultando tale ulteriore funzione sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente”. In altri termini non è possibile, secondo la Suprema Corte, impegnarsi vicendevolmente a concludere un contratto in cui ancora ci si obblighi all’acquisto di un bene.Una simile pattuizione è, secondo la Corte, nulla per mancanza di causa, non avendo senso pratico, a suo dire, promettere ora di promettere ancora in futuro; riprendendo le parole impiegate dalla Corte, “riconoscere come possibile funzione (del preliminare, ndr) anche quella di obbligarsi ... ad obbligarsi, darebbe luogo ad una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente”.
econdo la Corte, dunque, il “preliminare di preliminare” non potrebbe mai avere efficacia vincolante per le parti, potendo al più riconoscersi in esso, qualora sia redatto per iscritto (come è nelle transazioni immobiliari) una mera “minuta di contratto”, o puntuazione (termine con il quale si indica il documento redatto dalle parti per fissare, senza effetto vincolante, i contenuti di un successivo contratto). Il principio enunciato dalla Cassazione può avere notevoli ricadute pratiche, di cui è bene tenere conto ogni qualvolta ci si trovi a condurre trattative finalizzate all’acquisto di un bene (mobile o immobile che sia). Tra queste, vanno evidenziate quelle relative alle somme di denaro che eventualmente vengano promesse o versate, da una parte all’altra, a garanzia della futura stipulazione dell’ulteriore preliminare. Nel caso affrontato dalla Cassazione, ad esempio, la parte potenziale – acquirente si era impegnata a versare alla controparte, che avesse accettato la c.d. “proposta irrevocabile d’acquisto”, la somma di lire 14.000.000 per il caso in cui si fosse successivamente sottratta all’obbligo di sottoscrivere il preliminare d’acquisto dell’immobile.
Non avendo ella dato corso all’obbligo assunto, la potenziale venditrice l’aveva convenuta in giudizio per ottenere il pagamento della “penale” così prevista; la Cassazione, all’esito dei tre gradi di giudizio, ha rigettato tale domanda proprio sulla base del principio in commento, affermando in sostanza che, essendo nullo il preliminare di preliminare, nessuna penale deve essere corrisposta per il caso di suo inadempimento (a corollario, la Corte precisa che, potendosi riconoscere nel “preliminare di preliminare” tutt’al più una minuta di contratto, e dunque una semplice puntualizzazione dello stato raggiunto delle trattative, eventuali penali che dovessero essere pattuite a garanzia della conclusione dell’ulteriore preliminare sarebbero nulle ed inefficaci anche perché non è ipotizzabile la pattuizione di una “penale riferita a responsabilità aquiliana, come quella in cui si può incorrere in fase di trattative”). Analoghe conseguenze possono trarsi, sul solco del medesimo principio, relativamente alle somme che siano (non promesse ma) versate (ad esempio a titolo di caparra confirmatoria) al momento della sottoscrizione del “primo” preliminare; essendo quest’ultimo affetto da nullità (e dunque improduttivo di qualsiasi effetto giuridico vincolante) chi abbia percepito tali somme non potrà, in caso di inadempimento della controparte, trattenerle a titolo di indennizzo (secondo la funzione propria della caparra), ma sarà invece, con ogni probabilità, tenuto a restituirle in quanto ricevute in esecuzione di contratto nullo. Ne risulta evidente l’importanza della sentenza in commento, che consiglia di prestare la massima attenzione, in sede di trattative, al contenuto degli obblighi assunti (specie dalla controparte); se essi si sostanziassero nel mero impegno a concludere un ulteriore contratto preliminare, alla luce della sentenza in commento non ne sarebbe garantita la coercibilità (e neppure eventuali penali e/o caparre sarebbero sufficienti a tutelare la posizione della parte a favore della quale tali obblighi sono stati assunti).
Peraltro, come riconosciuto dalla stessa Corte di Cassazione, occorre tenere distinta la fattispecie in esame (“preliminare di preliminare”) dall’ipotesi in cui le parti si obblighino, con il contratto preliminare, a stipulare il contratto definitivo, impegnandosi altresì a rinnovare il loro consenso in un altro negozio “formale”. In quest’ultimo caso, infatti, il consenso per la stipulazione del definitivo si è già formato, e le parti intendono soltanto riprodurre il contratto già concluso in altra veste formale (per esempio, davanti ad un notaio). Spetterà al Giudice stabilire, di volta in volta, sulla base del suo prudente apprezzamento non censurabile in sede di legittimità, se si ricada nell’una o nell’altra ipotesi.
a cura di:
avv. Giacomo Olivati
pubblicato su:
C&S Informa, volume 10, numero 4 anno 2009