Il salario di produttività: dalle linee guida del 21 novembre 2012 all'accordo del 24 aprile 2013

Temi e Contributi
25/06/2013

Il 21 novembre 2012 Abi, Ania, Confindustria, Lega Cooperative, Rete Imprese Italia, Cisl, Uil e Ugl, ma non la Cgil, hanno firmato un accordo sulle “linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia”.

Questo accordo esprime (o, meglio, esprimeva), l’obiettivo comune di «sviluppare un sistema di relazioni industriali che crei condizioni di competitività e produttività tali da rafforzare il sistema produttivo, l’occupazione e le retribuzioni» (così l’art. 2). Il rafforzamento del sistema veniva demandato alla realizzazione di «intese modificative delle norme contrattuali più mirate alle esigenze degli specifici contesti produttivi», con l’auspicio che le predette soluzioni contrattuali possano anche rappresentare «un’alternativa a processi di delocalizzazione».

Il tema centrale dell’accordo è quello della “produttività” e dell’esigenza di investire nell’ammodernamento dei macchinari e in ricerca e sviluppo «per l’introduzione di innovazioni di prodotto e di processo» (art. 1). Nella parte finale dell’accordo si afferma che è “necessario” che la contrattazione collettiva si eserciti su materie, oggi regolate in via prevalente o esclusiva dalla legge, che incidono, direttamente o indirettamente, sul tema della produttività del lavoro.

L’ultimo punto dell’art. 2 dell’accordo afferma che «la contrattazione di secondo livello deve disciplinare, valorizzando i demandi specifici della legge o della contrattazione collettiva interconfederale e nazionale, gli istituti che hanno come obiettivo quello di favorire la crescita della produttività aziendale».

Sembra evidente individuare una forte relazione le affermazioni dell’accordo separato del novembre 2012 con l’art. 8 della c.d. “Manovra estiva 2011”, che permette la sottoscrizione di “specifiche intese”, a livello aziendale o territoriale, abilitandole ad intervenire sulla «regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione» con riferimento ad un’ampia ed eterogenea serie di materie elencate nel secondo comma (tra cui orari, mansioni, nuove tecnologie).
 
L’accordo separato del novembre 2012 è stato seguito dall’art. 1, comma 481, della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (c.d. “legge di stabilità 2013”), che dispone la proroga, nel periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2013, di misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro, introducendo una speciale agevolazione per il 2013 e per il 2014, e prevedendo che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle finanze, nel rispetto del richiamato onere massimo, venissero stabilite le relative modalità di attuazione, con termine, per l’emanazione del detto decreto, fissato al 15 gennaio 2013.

Successivamente, con decreto (emesso oltre il termine previsto dalla legge), il Presidente del Consiglio dei Ministri è intervenuto il 22 gennaio 2013 dettando le modalità di attuazione delle misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro nel periodo sopra indicato (1° gennaio-31 dicembre 2013). Il d.P.C.M. in questione, che espressamente indica tra i parametri di riferimento l’accordo del 21 novembre 2012, si occupa, all’art. 2, di retribuzione di produttività, esplicitando che ai fini dell’applicazione del regime fiscale agevolato, per retribuzione di produttività si intendono le voci retributive erogate, in esecuzione di contratti, con espresso riferimento ad indicatori quantitativi di produttività/redditività/qualità/efficienza/in-novazione, o, in alternativa, le voci retributive erogate in esecuzione di contratti che prevedano l’attivazione di almeno una misura in almeno tre delle aree di intervento indicate nello stesso articolo.

Immediatamente dopo la pubblicazione del predetto decreto in Gazzetta Ufficiale, avvenuta con molto ritardo, solamente il 29 marzo 2013 (Gazzetta n. 75), il Ministero del Lavoro è intervenuto con una Circolare (la n. 15/2013 del 3 aprile 2013, seguita dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 11/E del 30 aprile 2013, relativa all’imposta sostitutiva sulla retribuzione di produttività), nella quale fanno comparsa una serie di affermazioni/precisazioni del tutto assenti nelle precedenti fonti di riferimento normativo e contrattual-collettivo.

In particolare, con riferimento alla retribuzione di produttività, ed in relazione alla possibilità di attivazione di misure alternative all’introduzione di indicatori quantitativi di produttività, il Ministero precisa che l’adozione di misure volte a rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dovrà essere operata «nel rispetto dell’art. 4 della L. n. 300/1970». Allo stesso modo il Ministero, con riferimento alla misura consistente nell’attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze, introduce il vincolo (anche questo non previsto nel d.P.C.M.) del rispetto dell’art. 13 St. lav. (equivalenza delle mansioni).

La vicenda, a questo punto, ha trovato un suo epilogo con la firma, il 24 aprile 2013, da parte di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, di un accordo, motivato dalla riconosciuta opportunità di «favorire il miglior perseguimento degli obiettivi definiti dall’art. 1, comma 481, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), e dal successivo DPCM 22 gennaio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 29 marzo 2013».

Con questo accordo le parti stipulanti hanno convenuto che «in attuazione del DPCM 22 gennaio 2013 […] l’allegato accordo quadro territoriale, tenendo conto del ruolo e dei contenuti dei contratti collettivi nazionali di lavoro, nonché del suo carattere cedevole rispetto ad eventuali e specifiche intese aziendali o pluriaziendali, costituisce un modello utile per l’attuazione delle finalità perseguite dalla legislazione in materia di misure per l’incremento della produttività del lavoro e, pertanto, per il conseguimento dei relativi benefici per i lavoratori».

Le parti hanno altresì specificato che, nel definire l’accordo medesimo, le stesse hanno inteso «confermare il modello e la funzione dei due livelli di contrattazione, così come esplicitato nell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, anche con riferimento alle procedure per l’efficacia delle intese modificative».

L’accordo del 24 aprile afferma il principio in base al quale è sufficiente un solo indicatore per la definizione dei premi di risultato. Questo implica, come espressamente chiarito in una nota della Cgil, che «viene meno la condizione (cosiddetto secondo binario) imposta dal Decreto, e da noi decisamente respinta, secondo la quale era possibile applicare la detassazione alle voci dell’orario di lavoro solo se agli interventi sull’orario se ne aggiungevano altri mirati a modificare le norme di legge sul controllo a distanza e sul demansionamento».

Questo passaggio dell’accordo di aprile 2013 implica, ed esplicita, l’intenzione dichiarata di procedere alla stipula di accordi territoriali o aziendali finalizzati ad ottenere la detassazione di un salario qualificato unilateralmente come di produttività in relazione alle sole voci relative alle prestazioni di orario.

Sul punto valga una considerazione di carattere prettamente giuridico.

Quanto previsto dall’accordo di aprile 2013 è in palese contrasto con quanto espressamente indicato dall’art. 2 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

La conseguenza, inevitabilmente, non sembra poter essere che quella della non ammissibilità al regime fiscale agevolato di eventuali accordi territoriali o aziendali stipulati in conformità rispetto al modello approvato il 24 aprile 2013, ma in contrasto rispetto alle condizioni espressamente previste dal d.P.C.M. del 22 gennaio 2013.

a cura di: 

Avv. Andrea Sitzia

pubblicato su:

C&S Informa, volume 14, numero 3 anno 2013