La pronuncia della Corte di Giustizia UE 17.7.2008 C-132/06, relativamente all’IVA, ha dichiarato incompatibili con il diritto comunitario[1] gli artt. 8 e 9 della L. 289/2002, disciplinanti il cosiddetto “condono fiscale”.
Secondo la Corte, le norme citate hanno superato i confini del margine di discrezionalità amministrativa concesso agli stati membri dal legislatore comunitario, in quanto il legislatore italiano ha offerto ad ogni soggetto passivo IVA la possibilità di escludere, relativamente ad una serie di periodi d’imposta, l’eventualità di un qualsiasi controllo fiscale.
Quanto espresso dalla Corte di Giustizia UE è stato recepito nell’ordinamento italiano con vari interventi della Corte di Cassazione[2], determinando l’illegittimità del condono e la conseguente disapplicazione della norma di riferimento.
La L. 289/2002 prevedeva tre principali forme di definizione dei rapporti tributari:
L’incompatibilità del condono IVA con il diritto comunitario può comportare vari effetti, sia nei confronti del contribuente che dell’Agenzia delle Entrate.
Infatti, in linea di principio, possono essere svolte le seguenti considerazioni:
L’incompatibilità con il diritto comunitario delle norme sul condono in tema di IVA non si estende alla definizione delle liti pendenti. L’art. 16 della L. 289/2002 consentiva la definizione agevolata – mediante versamento forfetario percentuale, commisurato al valore della lite – delle controversie già instaurate e pendenti alla data dell’1.1.2003 davanti alle commissioni tributarie, in ogni stato e grado del giudizio, nelle quali sono parti i competenti uffici dell’Amministrazione finanziaria. In merito all’applicabilità di questo articolo si sono succedute alcune pronunce della Corte di Cassazione, secondo l’ultima delle quali[5] la definizione delle liti pendenti non deve essere disapplicata dal giudice, in quanto la stessa non può essere assimilata ad una rinuncia all’accertamento.
Inoltre, l’art. 12 della L. 289/2002 consentiva al contribuente di definire in maniera agevolata i rapporti derivanti dalla richiesta di pagamento di somme iscritte a ruolo, versando il 25% degli importi (cosiddetta “rottamazione dei ruoli”).
La Corte di Cassazione[6] ha rilevato che esiste un’incompatibilità di tale previsione con il diritto comunitario, in quanto tale disposizione introduce una rinuncia definitiva dello Stato alla riscossione dell’IVA ed ha quindi disapplicato la suddetta norma nella parte in cui consente di definire la cartella esattoriale con il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo.
Una volta che è stata notificata la cartella contenente le somme iscritte a ruolo dall’ente creditore, opera il termine di prescrizione che, per l’IVA, dovrebbe essere quello decennale, rendendo quindi possibile la riscossione delle somme definite mediante l’art. 12 della L. 289/2002.
Infine, non deve trovare più applicazione il termine di proroga per l’accertamento di cui all’art. 10 della L. 289/2002, norma che, per coloro i quali non avessero aderito ai condoni, aveva prorogato di due anni i termini per l’accertamento.
La posizione dei contribuenti che hanno definito la loro posizione grazie alla L. 289/2002, con riferimento all’IVA, potrebbe quindi essere rimessa in discussione. Si attendono sul punto ulteriori chiarimenti da parte della giurisprudenza, chiamata ad analizzare e giudicare le conseguenze della disapplicazione del condono IVA.
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[1]. Artt. 2 e 22 della VI direttiva comunitaria in materia di IVA e art. 10 del Trattato della Comunità europea.
[2]. Principalmente, attraverso le pronunce Cass. 18.9.2009 n. 20068 e Cass. 18.9.2009 n. 20069.
[3]. Cass. 4.5.2010 n. 10675.
[4]. Soglia fissata dal D.Lgs. n. 74/2000. Il rapporto tra il disconoscimento del Condono IVA ed il raddoppio dei termini per l’accertamento introdotto dal DL 223/2006 sarà oggetto di pronuncia da parte della Corte Costituzionale, chiamata in causa sul punto dalla Commissione Tributaria di Napoli ad ottobre 2010.
[5]. Cass. SS.UU. 17.2.2010 n. 3673. In precedenza, Cass. 18.9.2009 n. 20069 ha invece ritenuto l’art. 16 della L. 289/2002 incompatibile con il diritto comunitario.
[6]. Cass. 17.2.2010 n. 3674.
a cura di:
dott.ssa Maria Piovan
pubblicato su:
C&S Informa, volume 12, numero 1 anno 2011