In forza delle novità legislative recentemente apportate dall’art. 6 del Decreto Legge 185/2008 (cosiddetto “anticrisi”), una quota pari al 10% dell’IRAP è ammessa in deduzione dalle imposte sui redditi. Detta quota è forfetariamente riferita al tributo regionale dovuto sugli interessi passivi e oneri assimilati (al netto degli interessi attivi e dei proventi assimilati) ovvero sulle spese per il personale dipendente e assimilato (al netto delle deduzioni di legge) ricomprese nel valore della produzione.
La nuova disciplina trova applicazione a regime a partire dal periodo d’imposta in corso al 31/12/2008, e quindi nell’esercizio 2008 per quanto attiene ai soggetti “solari”. Con riferimento al passato è previsto il riconoscimento del rimborso secondo una sorta di risoluzione “transattiva” della situazione pregressa, sia con riguardo ai contribuenti che avevano già presentato istanza di rimborso alla data di entrata in vigore del Decreto, sia con riguardo ai contribuenti che a tale data non si erano ancora attivati in tal senso. Con riferimento a questi ultimi, viene previsto che il rimborso dovrà essere richiesto mediante trasmissione all’Agenzia delle Entrate di un’apposita istanza telematica, il cui modello e le relative disposizioni di attuazione alla data di oggi sono ancora in attesa di emanazione.
Il presente intervento si propone di inquadrare a grandi linee la questione della deducibilità dell’IRAP dall’IRES e descrivere brevemente la disciplina a regime introdotta dal Decreto “anticrisi”, rimandando ad altra sede la trattazione della questione inerente il rimborso degli anni pregressi. In merito a quest’ultimo tema, qui basti segnalare che l’Agenzia delle Entrate, con circolare 16/2009, ha chiarito che è consentito ottenere a rimborso le maggiori imposte IRES e IRPEF versate a partire dal periodo d’imposta 2004 (acconti versati nel 2004 e saldo versato nel 2005), presentando l’apposita istanza telematica entro il termine di 60 giorni dal momento in cui verrà attivata la procedura di invio delle istanze, laddove il ricalcolo dell’imponibile dovrà essere ragionevolmente effettuato secondo le medesime modalità semplificate previste per la disciplina a regime, permettendo altresì l’emersione di maggiori perdite fiscali recuperabili in abbattimento degli imponibili negli anni successivi.
Sotto un profilo sistematico, l’introduzione della deduzione di una quota dell’IRAP dalle imposte sui redditi non deriva unicamente dall’apprezzabile intento di ridurre il carico fiscale gravante su imprese e lavoratori autonomi, in ragione dell’attuale difficile congiuntura economica. L’intervento del legislatore sembra altresì rispondere ad esigenze di “stabilizzazione” dell’assetto sistematico del tributo regionale, il cui gettito, com’è noto, garantisce alle casse statali quei 40 miliardi di euro annui circa che sostengono in gran parte l’apparato sanitario nazionale, e che attualmente non sembrano sostituibili da altra fonte di finanziamento. Nella storia recente, infatti, nessun tributo ha dovuto subire una serie di offensive mirate e concentriche come è accaduto all’IRAP: introdotta dal primo governo Prodi, essa è stata dapprima direttamente contestata in ambito nazionale, pur senza successo, per supposta violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e capacità contributiva di fronte alla Suprema Corte (cfr. sent. 156/2001); poi è passata al severo vaglio della Corte di Giustizia CE con l’accusa di duplicare l’imposta sul valore aggiunto incompatibilmente con i principi comunitari (cfr. sent. C-475/2003); infine ha visto ridotto il proprio ambito applicativo dalla giurisprudenza recente della Corte di Cassazione, con riferimento a professionisti e lavoratori autonomi minori privi di “attività autonomamente organizzata”.
Dopo lunga attesa, su stimolo di diverse Commissioni Tributarie nazionali – l’ordinanza di remissione più datata risale al 2004 – quest’estate il tributo regionale dovrà tornare di fronte alla Corte Costituzionale per l’esame di una questione che all’apparenza lo tocca solo indirettamente, ossia la legittimità della norma che prevede l’indeducibilità dell’IRAP dalle imposte sui redditi, ma che presenta un notevole impatto sistemico. Evidentemente, tale principio risponde all’esigenza di bilancio pubblico di creare una barriera tra finanza locale e finanza erariale, similmente a quanto accade con riferimento all’imposta comunale sugli immobili, laddove lo Stato non intende subire una diminuzione di gettito qualora i Comuni o le Regioni decidano, nell’ambito delle proprie autonomie, di aumentare il loro tributo. D’altro canto l’IRAP colpisce una base imponibile sostanzialmente similare a quella delle imposte sui redditi, aggiunto il costo del lavoro e gli oneri finanziari. Ciò premesso, mentre nel sistema tributario è ammessa la tassazione della medesima ricchezza tramite due imposte agganciate a diversi indici di capacità contributiva – l’una reale come l’IRAP, l’altra personale come l’IRPEF o l’IRES – di converso non sembra sostenibile che l’IRAP colpisca valori costituenti componenti negativi per le imposte reddituali, perché ciò contrasta con il principio di tassazione in base al reddito netto dei relativi costi. In sostanza, l’indeducibilità ai fini IRAP del costo del lavoro e degli oneri finanziari si traduce in un irrazionale e discriminatorio aggravio di tassazione reddituale in capo ai contribuenti, a seconda del diverso utilizzo dei fattori produttivi quali il capitale e il lavoro, che stride con i principi costituzionali di capacità contributiva, uguaglianza e tutela del lavoro.
In tale contesto, il legislatore ha introdotto la predetta deduzione forfetaria del 10% dell’IRAP, tentando di porre un argine ad un eventuale pronuncia sfavorevole della Corte Costituzionale da cui potrebbe derivare la possibilità di dedurre dalle imposte sui redditi l’IRAP analiticamente riferita ai costi del lavoro e finanziari, probabilmente auspicando un ulteriore rinvio della decisione in tempi di migliore congiuntura economica. Infatti, le pesanti implicazioni in termini di mancato gettito connesse ad un’eventuale declaratoria di incostituzionalità della norma, stimate dalla stampa specializzata intorno ai 10 miliardi di Euro, inducono a ritenere ragionevolmente che il giudizio atteso per l’estate si concluda con un rinvio delle cause alle Commissioni Tributarie che avevano sollevato la questione, affinché possano valutare se il proprio caso può essere soddisfatto in base alla nuova normativa. Nell’attesa di poter cogliere improbabili ulteriori benefici entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, alla maggior parte dei contribuenti interessa capire come funziona l’agevolazione della deduzione a forfait, con l’ausilio delle recenti circolari n. 14/2009 pubblicata da Assonime, e n. 16/2009 emanata dall’Agenzia delle Entrate, di seguito esposte nelle linee principali.
Innanzitutto è opportuno chiarire che il beneficio a regime è costituito da una variazione in diminuzione del reddito imponibile ai fini IRPEF o IRES, prevista per società di capitali ed enti commerciali, società di persone, imprenditori individuali e lavoratori autonomi, società semplici, associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio di arti e professioni, enti privati non commerciali per l’attività commerciale eventualmente esercitata in via non prevalente, società ed enti non residenti, amministrazioni pubbliche per l’attività commerciale eventualmente esercitata.
Nella quantificazione dell’importo della variazione in diminuzione vige il principio di cassa temperato dal principio di previa imputazione al conto economico; la base di calcolo del 10% è quindi costituita dalle somme versate per IRAP nel corso del periodo d’imposta a titolo di saldo, con riferimento al periodo precedente, e a titolo di acconto, con riferimento al periodo corrente, fermo però restando che la somma versata a titolo di acconto rileva “solo se e nei limiti in cui rifletta l’imposta effettivamente dovuta per il periodo di riferimento”. In sostanza, ai fini del calcolo in esame l’acconto rileva solo fino a concorrenza dell’importo dell’IRAP di competenza dell’anno, laddove evidentemente una differenza tra tali due importi comporterà l’impiego del minore tra i due; in tale logica, evidentemente, qualora gli acconti versati superino l’IRAP di competenza, l’eccedenza a credito, utilizzata per compensare il versamento degli acconti relativi al periodo d’imposta successivo, verrà considerata versata a tutti gli effetti ed entrerà nella base di calcolo del 10% in tale periodo. In merito al primo periodo d’imposta d’applicazione della nuova disciplina, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il saldo IRAP 2007, versato nel 2008, è computato nella base di calcolo delle somme deducibili per il 2008, e non rientra pertanto nella disciplina relativa al rimborso per gli anni pregressi.
La deduzione forfetaria spetta a condizione che, nei periodi d’imposta cui si riferisce il versamento a saldo o in acconto IRAP, abbiano concorso alla formazione della base imponibile IRAP interessi passivi e oneri assimilati (al netto degli interessi attivi e dei proventi assimilati) ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato (al netto delle deduzioni di legge), pur prescindendo dall’ammontare di tali costi. Non è quindi necessario individuare in via analitica la quota di IRAP riferibile a tali componenti, che possono perciò essere anche di importo relativamente basso, sempre che, secondo l’Agenzia delle Entrate, questo “risponda a criteri di inerenza, ragionevolezza ed economicità e risulti coerente con gli obiettivi di politica aziendale perseguiti”; inoltre, per i soggetti obbligati alla redazione del bilancio di esercizio i medesimi costi devono essere individuati secondo corretti principi contabili. È pertanto sufficiente che, nel periodo d’imposta, sia stato sostenuto una sola tipologia dei predetti oneri; tuttavia, la verifica del sostenimento di tali costi deve essere effettuata sia con riferimento al saldo, ossia relativamente alla base imponibile IRAP dell’anno precedente, sia con riferimento agli acconti, ossia relativamente alla base imponibile IRAP dell’anno corrente, pena l’esclusione del relativo importo nella base di calcolo per il 10%.
In termini di risparmio fiscale, il beneficio legato alla deduzione forfetaria è decisamente modesto, essendo quantificabile in poco meno del 3% dell’IRAP di competenza (aliquota IRES al 27,5% ovvero aliquota marginale IRPEF moltiplicata per 10% di deduzione a forfait), considerato anche che, in virtù del principio di cassa, l’effetto finanziario potrebbe manifestarsi “spalmato” su due annualità.
Con riferimento alla dichiarazione dei redditi compresa in UNICO 2009, la variazione in diminuzione in esame può trovare collocazione nel quadro deputato alla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi (RE, RG, RF).
Il meccanismo della deduzione forfetaria comporta alcune peculiarità legate alla particolare tipologia di contribuente.
Per le società di capitali o di persone tenute alla redazione bilancio, qualora l’IRAP dell’esercizio superi l’acconto versato, è da valutare lo stanziamento della fiscalità differita attiva IRES sul 10% della differenza, in ragione dell’importo che verrà dedotto dal reddito imponibile l’anno successivo grazie al versamento del saldo IRAP, mentre non dovrà essere stanziata alcuna fiscalità differita passiva nel caso contrario, poiché la deduzione forfetaria è comunque limitata all’importo dell’IRAP stanziata a conto economico. In via generale, nella determinazione di tutte le attività e passività da iscrivere in bilancio, rispettivamente, per imposte anticipate e differite, occorrerebbe a stretto rigore tener conto dell’effetto di risparmio prodotto dalle nuove regole che consentono la deduzione parziale dell’IRAP dall’IRES, modificando le relative aliquote di calcolo. Tuttavia, pur trattandosi di considerazioni condivisibili sotto un profilo teorico, nella gestione pratica delle differenze temporanee e del relativo assorbimento ne conseguirebbero complicazioni tali da rendere discrezionale l’adozione di una tale impostazione, anche perché a fronte di un effetto quantitativo decisamente modesto.
Le società di persone – ma il medesimo principio è previsto per le società di capitali che hanno optato per la trasparenza fiscale – provvedono, nella propria dichiarazione, a scomputare il 10% dell’IRAP con le modalità esaminate in precedenza, imputando ai soci per trasparenza il reddito al netto di tale deduzione, affinché essi provvedano ai versamenti IRPEF. Non sembra, quindi, necessaria una comunicazione ad hoc che indichi ai soci la quota di reddito “detassata”.
Per i soggetti partecipanti al consolidato fiscale nazionale la deduzione forfetaria del 10% deve essere calcolata da parte di ciascuna delle società partecipanti, mentre il soggetto consolidante provvede, poi, a determinare il reddito di gruppo sulla base della sommatoria dei redditi e delle perdite di ciascuna delle società.
In conclusione, non si può che esprimere apprezzamento per i progressivi interventi di riduzione dell’incidenza dell’IRAP, cui la deduzione forfetaria sembra potersi ascrivere. Tuttavia, tale beneficio appare irrazionale ed inadatto a fronteggiare la problematica in esame, soprattutto per i soggetti labour intensive, essendo privo di alcun collegamento analitico con i costi del lavoro e finanziari sostenuti. In questo contesto, l’IRAP continua ad essere un incentivo per chi delocalizza all’estero, poiché chi produce fuori dall’Italia non solo risparmia l’IRAP, ma addirittura paga minori imposte sul reddito, in quanto non deve includere questo tributo nella propria base imponibile reddituale. I condivisibili indirizzi in materia previsti illo tempore dalla legge delega per la prima “Riforma Tremonti” sono rimasti di fatto ancora incompiuti[1].
[1] La legge 80/2003 contenente la “Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale”, all’art. 8 prevedeva la Graduale eliminazione dell'imposta regionale sulle attività produttive nei seguenti termini:“Il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per la graduale eliminazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), con prioritaria e progressiva esclusione alla base imponibile del costo del lavoro e di eventuali ulteriori costi, valutando la possibilità di dare la precedenza ai soggetti con una prevalente incidenza del costo del lavoro rispetto agli altri costi. I decreti legislativi dovranno prevedere anche la semplificazione della base imponibile”.
a cura di:
dott. Pietro Freddo
pubblicato su:
C&S Informa, volume 10, numero 4 anno 2009