In data 20.11.2012 il Senato della Repubblica ha definitivamente licenziato la tormentata revisione della disciplina dettata dal Codice Civile in materia di condominio (le cui prime proposte di modifica risalgono alla fine degli anni ‘90), recependo il testo trasmesso dalla Camera, sebbene quest’ultima avesse ritenuto di disattendere larga parte delle modifiche già introdotte dal Senato con il disegno legge 71/S.
L’accelerazione impressa alle ultime fasi dell’iter legislativo evidenzia l’obiettivo del Legislatore di preferire una riforma perfettibile alla prospettiva di un ulteriore rinvio (a data da destinarsi) di ogni eventuale rivisitazione, al dichiarato fine di incidere significativamente sulle numerose lacune del precedente dettato normativo, la cui disciplina riverbera effetti su quasi 38 milioni di italiani (che vivono in condominio), che a loro volta alimentano una percentuale piuttosto significativa del contenzioso ad oggi in essere nelle aule dei nostri Tribunali.
In attesa di verificare l’auspicato potenziale deflattivo della novella, si propongono di seguito alcune annotazioni minime sulle principali innovazioni introdotte dalla L. 11.12.2012, n. 220 (entrata in vigore il giorno 18.06.2013), da cui tuttavia viene l’impressione (che si consolida mano a mano che si procede alla lettura dei novellati articoli 1117 e seguenti del Codice Civile) che si tratti di una riforma che incide significativamente su alcuni aspetti della disciplina del condominio (specie in relazione alla figura dell’amministratore nonché in relazione a competenza e maggioranze dell’assemblea), lasciando tuttavia sul tappeto questioni di fondo di particolare rilievo, quale ad esempio la possibilità di attribuire al condominio una propria personalità giuridica, così da ricondurre (e circoscrivere) in capo al condominio (e non ai condomini) le spese dallo stesso sostenute.
Entrando nel dettaglio della nuova disciplina conviene muovere da alcune modifiche in tema di parti comuni (artt. 1117 e ss c.c.), che a ben vedere non costituiscono vere e proprie novità, trattandosi di puntualizzazioni già ampiamente recepite dalla giurisprudenza.
In primo luogo il legislatore accoglie sub art. 1117 c.c. la figura del c.d. supercondominio, applicando le disposizioni in commento all’ipotesi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117 c.c. Del pari la disciplina del condominio viene espressamente estesa (art. 1117 bis c.c.) anche ai “proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo”, e così nelle ipotesi della c.d. multiproprietà immobiliare.
Quanto all’elenco delle parti comuni dell’edificio risultano aggiunti “i pilastri e le travi portanti”, “le facciate” (da cui vanno esclusi, pur in assenza di alcuna puntualizzazione al riguardo, i balconi), i “sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune”, nonché gli impianti di condizionamento dell’aria destinati all’uso comune e quelli per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
Di rilievo risulta essere la possibilità di modificare le destinazioni d’uso delle parti comuni per soddisfare esigenze di interesse condominiale; possibilità riservata all'assemblea che vi provvede, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio (art. 1117 ter c.c.). Al tempo stesso il legislatore ha ritenuto opportuno presidiare la tutela delle destinazioni d'uso (art. 1117 quater c.c.), precisando che in caso di attività che incidono negativamente, e in modo sostanziale, sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.
Con riferimento ai diritti dei partecipanti sulle parti comuni (art. 1118 c.c.) giova dar conto dell’espressa possibilità, per Il condomino, di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, “se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
In materia di innovazioni (art. 1120 c.c.) viene introdotta la possibilità di deliberare su alcune “nuove opere”, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell'edificio, e quindi con una maggioranza inferiore rispetto a quella prevista per le innovazioni dirette al miglioramento, o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, per le quali è prevista l’approvazione in assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio. Si tratta di interventi che mirano a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, oppure ad eliminare le barriere architettoniche esistenti, a perseguire il contenimento del consumo energetico degli edifici, alla realizzazione di parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, alla produzione di energia mediante l'utilizzo di fonti rinnovabili, nonché all’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo.
In relazione agli impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo (1122 bis c.c.) viene espressamente prevista la possibilità di procedere alla loro realizzazione (senza la necessità di delibera dell’assemblea), a condizione che le opere vengano eseguite in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell'edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche.
La riforma ammette poi definitivamente la possibilità che l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, possa deliberare l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza.
Quanto poi alle novità destinate a ridisegnare la figura dell’amministratore di condominio, giova, tra le altre, evidenziare che:
Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio coloro che hanno il godimento dei diritti civili; che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione.
Il nome dell’amministratore non deve risultare annotato nell'elenco dei protesti cambiari. Qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile, questi dovrà aver conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado e frequentato un corso di formazione iniziale, impegnandosi altresì a svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale
Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società commerciali. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.
A conclusione di questo brevissimo excursus sia consentita qualche osservazione minima sulla novellata disciplina dell’assemblea, la cui convocazione (ex art 66 disp. att. c.c.) deve essere comunicata, a pena di annullabilità da parte dei soci assenti o dissenzienti, specifica indicazione dell'ordine del giorno, almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione.
L'assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio; le deliberazioni con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. In seconda convocazione (in un giorno successivo) l'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio e delibera a maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio.
Vi fanno eccezione le deliberazioni di cui all'articolo 1120, primo comma, e all'articolo 1122-bis, terzo comma, che devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio. Quanto alla possibilità di impugnare le delibere assembleari il nuovo art. 1137 c.c. estende la legittimazione non solo a favore di assenti e dissenzienti, ma anche a favore degli astenuti, che possono impugnare la deliberazione nel termine di 30 giorni.
Quale nota di colore si aggiunge da ultimo che - come già ampiamente evidenziato in molti articoli di stampa - il nuovo art. 1138 c.c. prevede espressamente che le norme del regolamento condominiale non possano vietare di possedere o detenere animali domestici.
a cura di:
Avv. Alberto Stropparo
pubblicato su:
C&S Informa, volume 14, numero 2 anno 2013