Nell’ambito della predisposizione di un piano di risanamento aziendale che, come noto, si compone di una fase di pianificazione strategica, di una fase di pianificazione industriale e di una fase di pianificazione economico-finanziaria, delle quali si è ampiamente trattato in precedenti interventi sul tema, assume particolare rilevanza la verifica finale della bancabilità e della sostenibilità prospettica della manovra finanziaria (o “piano delle fonti”), cioè di quella parte del piano, proposta al ceto creditorio, dedicata a descrivere quali saranno le fonti di capitale proprio e di capitale di debito destinate a realizzare il piano medesimo e quale sarà la loro composizione quali-quantitativa ed il loro costo nel tempo.
Obiettivo dell’analisi in parola è, quindi, verificare se la manovra finanziaria proposta al ceto creditorio, in particolare degli istituti di credito, sia idonea a consentire il riequilibrio della posizione finanziaria netta fino al raggiungimento di un rapporto di leverage sostenibile e di una posizione di cassa e conto corrente positiva e, unitamente al verificarsi delle altre ipotesi di piano, garantisca livelli di liquidità sufficienti a permettere un’adeguata operatività aziendale, tenuto conto delle nuove obbligazioni di rimborso e remunerazione dell’indebitamento bancario che saranno assunte con la sottoscrizione degli accordi di piano (cioè, la convenzione bancaria ed i contratti ad essa correlati, gli impegni, le garanzie, ecc.);
Questa fase di attività è quindi sostanzialmente volta a verificare la sostenibilità prospettica della manovra finanziaria, nelle sue successive versioni, e la sua accettabilità, in primis da parte del sistema bancario.
La verifica della sostenibilità di una manovra di ristrutturazione del debito deve, infatti, essere condotta con la finalità di comprendere se il mix di affidamenti, forme tecniche, tassi, durate e condizioni di operatività proposto al sistema bancario sia in grado di garantire, nel complesso, la piena riuscita del piano di risanamento, tenuto conto delle condizioni del mercato dei capitali di riferimento al momento della predisposizione del piano.
Alla luce di tale considerazione, l’estensore del piano dovrà quindi verificare la sostenibilità prospettica della manovra, tramite una serie di elaborazioni e conteggi, aventi ad oggetto:
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l’analisi della capacità massima di indebitamento, attuale e prospettica, della società o del gruppo oggetto di risanamento, eseguita nell’assunto che l’importo massimo dell’indebitamento oneroso sostenibile debba essere: da un lato, in linea con il rapporto d’indebitamento finanziario medio (D/E) delle aziende o gruppi che operano nel medesimo settore di riferimento; dall’altro, correlato alla capacità media di generazione di margini operativi della gestione caratteristica, tenuto conto sia della posizione finanziaria netta nella varie annualità del piano che del peso degli oneri finanziari attesi. Al riguardo, si può ritenere che la capacità massima di indebitamento della società o del gruppo oggetto di risanamento debba essere, quindi, direttamente correlata:
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alla sua capacità di generazione di un sufficiente livello di margine operativo lordo (Ebitda) rispetto al sua posizione finanziaria netta (PFN) ad una determinata data e nel corso delle successive annualità di piano; nella prassi, stante l’attuale contesto dei mercati finanziari, tale rapporto (PFN / Ebitda) viene normalmente richiesto ad un livello massimo non superiore a 4 – 4,5;
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alla sua capacità di generazione di un sufficiente livello di margine operativo lordo (Ebitda) rispetto agli oneri finanziari attesi (Ebitda / OF) ad una determinata data e nel corso delle annualità di piano; nella prassi, stante l’attuale contesto dei mercati finanziari, tale rapporto viene normalmente richiesto ad un livello non inferiore a 2 – 3.
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la verifica della bancabilità del piano “di periodo in periodo”, tramite l’analisi dell’andamento atteso del DSCR (Debt Service Cover Ratio) cioè di quell’indicatore finalizzato a comprendere, con riferimento ai singoli periodi, la capacità del piano di onorare il servizio del debito, cioè l’impegno di rimborso del capitale e degli interessi, tramite i flussi generati dalla gestione caratteristica e, laddove necessario, tramite i flussi provenienti dalla gestione straordinaria o gli apporti di capitale di rischio; tale indicatore, calcolato sia nella versione inclusiva della posizione finanziaria netta di cassa a inizio periodo che nella versione non inclusiva di tale posizione, deve risultare sempre superiore a 1 a conferma della presenza di un adeguato equilibrio finanziario nelle singole annualità del piano;
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la verifica della bancabilità del piano “per tutta la sua durata”, tramite l’analisi dell’andamento atteso del LLCR (Loan Life Cover Ratio), cioè del quoziente che deriva dal raffronto, effettuato alla fine di ciascun periodo, tra il valore attuale dei flussi di cassa operativi del piano, prodotti tra l’istante di valutazione e l’ultimo anno del piano (che quasi sempre coincide con la scadenza della più lunga delle linee di credito previste dalla manovra finanziaria) ed il debito residuo allo stesso istante di determinazione dell’indice. Per l’attualizzazione di detti flussi la prassi riconosce l’utilizzabilità di un tasso pari al costo medio ponderato della struttura di indebitamento proposta al sistema bancario nell’ambito del piano. Anche in questo caso, il valore minimo cui dovrà attestarsi questo indicatore dovrà essere non inferiore ad 1. Al riguardo, si evidenzia tuttavia che, in presenza di linee di credito che prevedano “bullet” di fine piano o altre somme oggetto di futuro rifinanziamento e riscadenziamento, per procedere al calcolo corretto di questo indicatore sarà necessario scorporare dal denominatore il valore della quota di indebitamento oggetto del “bullet”;
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l’analisi del rating attuale e prospettico teoricamente attribuibile alla società o al gruppo oggetto di risanamento al fine di verificare che il piano non presenti elementi tali da far ritenere non rifinanziabile in futuro il debito bancario che eventualmente residuasse al termine del periodo di previsione analitica (o di quello di previsione inerziale) dei flussi, ovvero che emergesse in ipotesi di mancato rispetto dei covenant eventualmente imposti in sede di contrattualizzazione della manovra finanziaria; tale tipologia di indagine si fonda quindi sull’assunto che, in futuro, i principi ed i criteri di determinazione della probabilità di default utilizzati in ambito bancario non evidenzieranno sensibili discordanze rispetto a quelli attuali, e conseguentemente che essi si attesteranno a livelli compatibili con quelli oggi utilizzati per l’affidamento di imprese appartenenti alla medesima classe di rating in cui si posizionerà in futuro la società o il gruppo oggetto del piano di risanamento. E’ evidente che, data la sua complessità intrinseca, questa tipologia di indagine non potrà essere condotta in autonomia dall’estensore del piano e quindi, sarà necessario che questi si rivolga ad una agenzia di rating di fiducia. Nella prassi, non potendosi disporre di sistemi di rating completi (cioè dotati sia della componente quantitativa che di quella qualitativa ed andamentale) è opportuno si faccia riferimento al solo “rating tecnico” cioè ad un giudizio sul rischio di insolvenza dell’impresa fondato sui dati di bilancio e quindi formulato senza considerare né elementi qualitativi né elementi andamentali. Il giudizio di rating è evidentemente di natura “relativa” in quanto non viene attribuito a priori ma dipende dal posizionamento dell’impresa sia rispetto ad altre imprese che rispetto ad una ipotetica soluzione ideale, di volta in volta definita in funzione del settore di appartenenza dell’impresa e delle specifiche grandezze di bilancio che vengono considerate nell’analisi. Nel caso specifico, trattandosi di un rating tecnico sviluppato su un piano, e come tale di tipo dinamico, assume particolare rilevanza informativa anche il fenomeno della c.d. “migration”, cioè della velocità di passaggio da una classe di rating ad un’altra, la quale di solito, se il piano è stato pensato in ottica prudenziale, risulta piuttosto lenta e distribuita nel tempo;
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l’analisi dell’andamento prospettico dell’utilizzato medio rispetto all’affidato medio, sia al fine di verificare la capienza delle linee di credito oggetto della manovra nel tempo sia al fine di comprendere se dette linee consentono di superare andamenti delle più significative variabili diversi, ed eventualmente peggiori, rispetto a quelli evidenziati nel piano;
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l’analisi della sostenibilità prospettica della manovra finanziaria sotto il profilo patrimoniale, focalizzandosi quindi, in particolare, sulla consistenza ed adeguatezza civilistica del patrimonio netto nel tempo.
Terminata la fase di analisi della bancabilità e sostenibilità prospettica della manovra finanziaria, è opportuno che l’estensore del piano proceda ad effettuare su di esso una circostanziata analisi di sensitività.
Per analisi di sensitività sul piano si intende quell’attività volta a comprendere gli impatti economici e, soprattutto, finanziari di andamenti delle principali variabili ed assunzioni del piano diversi rispetto a quelli previsti, al fine di comprendere se, anche in ipotesi di stress, il piano medesimo conservi la propria tenuta prospettica e sia, comunque, in grado di rispettare i covenant di solito presenti nell’accordo di ristrutturazione.
Tralasciando le specifiche analisi di sensitività volte ad indagare gli effetti di andamenti difformi rispetto alle attese di variabili di natura industriale, economica o legate ad operazioni di natura straordinaria, di cui si tratterà in un prossimo intervento sul tema, sotto il profilo dell’indagine sulla sostenibilità prospettica della sola manovra finanziaria appare opportuno concentrare l’attività di analisi sulla verifica dell’impatto di mutamenti delle ipotesi di natura finanziaria, quali in particolare quelle legate a possibili cambiamenti dei tassi di interesse di riferimento della manovra finanziaria e, in via residuale, quelle conseguenti a possibili ulteriori rotture dell’equilibrio derivanti dal mancato rispetto di covenant su singole posizioni o impegni previsti nell’accordo di ristrutturazione, cercando di prevedere anche le possibili azioni di eventuale riequilibrio che potranno o meno essere attuate.
a cura di:
dott. Salvatore Basile
pubblicato su:
C&S Informa, volume 13, numero 6 anno 2012