La cultura dell’internazionalizzazione è una grande opportunità strategica per il futuro delle aziende, grandi o piccole che siano. Internazionalizzarsi oggi vuol dire essere consapevoli della necessità di cambiamento e riconoscere, nell'apertura di nuove frontiere economiche, un'opportunità di sviluppo oltre i confini nazionali.
Determinati Paesi sono uno sbocco interessante per un’espansione commerciale perché in grado di offrire potenziali opportunità di business in vari settori, emergenti o già consolidati.
Internazionalizzazione significa innanzitutto elaborare una strategia in materia di rapporti con l’estero al fine di accrescere la propria attività imprenditoriale e sostenere la crescente competitività delle economie emergenti attraverso l’inserimento ed il consolidamento della propria presenza sul mercato internazionale.
Risulta sempre maggiormente indispensabile promuovere la conoscenza di un mercato emergente che evidentemente, “rischia” di diventare nel breve periodo uno dei più grandi competitor futuri.
Tra i vantaggi che l’internazionalizzazione comporta vi sono sicuramente: aumento del giro d'affari, aumento dei profitti, economie di scala, diversificazione del rischio, possibilità di accedere a nuove idee e nuove esperienze, risposta alla globalizzazione, aumento della competitività sul mercato interno.
Ma fare business in Paesi diversi dal proprio non è semplice: differenze culturali e linguistiche, scenari economico e politici differenti, protezionismo, politiche fiscali, monetarie e commerciali non immediatamente ovvie all’imprenditore italiano, sono soltanto alcune delle barriere che si riscontrano all’ingresso di ogni nuova forma di internazionalizzazione.
I grandi eventi
Aggiudicarsi i due principali eventi sportivi al mondo (la Coppa del Mondo di calcio per il 2014 e le Olimpiadi 2016 con Rio de Janeiro, prima città del Sud America ad ospitare un evento del genere), non solo ha contribuito ad attirare definitivamente tutti gli occhi del mondo sul Paese verdeoro, ma rappresenta uno dei principali motivi dell’attuale posizionamento economico del Brasile nel panorama mondiale, anche in virtù dell’enorme flusso di capitali di investimento in entrata, a dispetto della crisi.
Il rovescio della medaglia è che la capacità organizzativa del Paese sarà messa a dura prova, come non mai.
E’ difficile stimare l’impatto dei due eventi sull’economia brasiliana (si parla di 200 miliardi di R$ soltanto per la Coppa), per il fatto che l’impatto indiretto potrebbe essere ben superiore di quello diretto e che i costi complessivi probabilmente saranno destinati ad aumentare in proporzione alle difficoltà organizzative, che già si stanno presentando (per la Coppa) e continueranno a presentarsi, e che potrebbero portare ad operare in regime di urgenza, ossia a trattativa privata, con conseguenze immaginabili per il relativo bilancio economico finale.
Sono principalmente previsti riflessi nei settori delle infrastrutture, costruzioni civili, strade, porti e aeroporti, mobilità urbana, comunicazioni, sicurezza, inclusa quella digitale, hotel e turismo, educazione e formazione professionale.
Gli eventi dureranno appena poche settimane, ma gli interventi previsti potrebbero generare ripercussioni significative e durevoli in intere regioni, o addirittura nell’intero Paese. Sarà l’occasione per il Brasile di dimostrare che non è soltanto il paese del calcio, così come Rio de Janeiro non è solo “la Cidade maravilhosa”.
Il successo dei due eventi significherebbe un nuovo e definitivo posizionamento a livello mondiale, con conseguenti influssi positivi, per tutte le imprese che saranno riuscite a prenderne parte.
Gli interlocutori
Il network dei potenziali interlocutori per un’impresa straniera, in un Paese come il Brasile, è sicuramente articolato. Esistono interlocutori a livello federale, statale e municipale. Esistono federazioni, associazioni o unioni di categoria, così come esistono organizzazioni di espatriati, addirittura suddivise per singole Regioni di provenienza. Un Ministero può diventare un interlocutore, così come un Governo statale o una Prefettura, in considerazione del fatto che ciascuno dispone di potere negoziale, ad esempio per concedere incentivi di natura fiscale a fronte di investimenti significativi, capaci di generare posti di lavoro.
Esistono sistemi di promozione e incentivi agli investimenti esteri, come il SIPRI, Sistema di Promozione degli Investimenti e Trasferimento di Tecnologia per le Imprese o le partnership Pubblico-Privato, in particolare per il settore delle infrastrutture. Discorso a parte merita il BNDES, Banca Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale, che concede finanziamenti a lungo termine per la realizzazione di investimenti in settori economici di interesse nazionale. In aggiunta, esistono organizzazioni paragonabili alla Confindustria, nazionale o regionale, o alle nostre Federazioni, come, ad esempio, la FIESP, Federazione dell’Industria dello Stato di São Paulo o la FIRJAN, Federazione dell’Industria dello Stato di Rio de Janeiro, tanto per citare alcune tra le più importanti.
Il principale sistema di supporto alle imprese italiane, in Brasile, è sicuramente costituito dalla rete costituita dall’Ambasciata, dall’ICE, dal sistema delle Camere di Commercio, dalla SACE per l’assicurazione del credito e dalla SIMEST, la finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all’estero, controllata dal governo italiano e creata per agevolare l’internazionalizzazione delle stesse. Tutti questi attori di supporto, se opportunamente indirizzati, possono rappresentare un’ottima porta di entrata per il mercato brasiliano e permettere di evitare molti degli errori tipici del processo di internazionalizzazione della PMI italiana.
Scontato è rilevare l’importanza di contattare l’interlocutore di interesse in maniera strutturata, meglio se con un documento in portoghese di presentazione dell’azienda, come dell’iniziativa.
Il sistema doganale
Il sistema doganale in Brasile è regolamentato, in particolare, dai decreti 37/66 e 6.750/09, in aggiunta alle istruzioni normative emanate dalla Segreteria della Receita Federal.
Esiste un regime fortemente protezionista, a maggior ragione quando i prodotti importati sono disponibili sul mercato interno. A fianco di una normativa federale, esistono norme specifiche a livello di singolo Stato e di singolo porto. A seconda della tipologia di prodotto, intervengono altri organi o istituzioni a complicare il processo, con normative proprie e specifiche (p.e. Ministero dell’Agricoltura per l’alimentare o della Salute per il prodotto cosmetico) che è opportuno analizzare attentamente prima di qualunque operazione.
Il trattamento doganale e tributario di un’importazione dipende dalla tipologia di merce e dall’inquadramento della stessa in una determinata categoria merceologica. Non sempre la classificazione merceologica, attribuita ad una operazione dall’esportatore, viene poi confermata dalla dogana brasiliana al momento della nazionalizzazione. É consigliabile un’adeguata pianificazione prima di cominciare qualunque tipo di importazione, magari facendo un test con una quantità di valore ridotto.
Le caratteristiche del sistema fiscale brasiliano applicate ad un’importazione fanno sì che il valore di un bene importato arrivi anche a raddoppiare al momento della nazionalizzazione. La fiscalità è applicata non solo sul valore (assoggettato a controllo di veridicità) dichiarato della merce, ma su un valore maggiore che include, ad esempio, costi di trasporto, assicurazioni, oneri portuali, costi di intermediari.
Sul valore complessivo, sono quindi applicate, a cascata, le imposte di importazione (da 0 a 35% del valore di cui sopra), l’IPI (imposta di produzione industriale) che varia da 0 a 40%, potendo arrivare al 60% per le bevande alcoliche, l’ICMS (Imposta di Circolazione sulle Merci e sui Servizi, simile alla nostra IVA), differente da Stato a Stato, ed infine il PIS/COFINS (Pis = Programma di Integrazione Sociale, Cofins = Contribuzione al Finanziamento della Sicurezza Sociale).
Un dedalo in cui non è facile districarsi senza un adeguato supporto.
Il sistema tributario
Il sistema tributario brasiliano è regolamentato dalla Costituzione Federale del 1988 e dal Codice Tributario Nazionale del 1966, insieme a leggi specifiche per ciascun tributo.
Il Brasile è il Paese con il maggiore carico tributario dell’America Latina e dei Caraibi, 32,6% nel 2009, secondo l’OCSE, posizionandosi al 17° posto nella classifica mondiale.
Per garantire la competitività e la sopravvivenza di un’impresa nel mercato, diventa quindi necessario un processo di pianificazione fiscale continuo, per poter includere correttamente gli oneri fiscali nel business plan dell’iniziativa. Il primo passo per l’investitore che vuole entrare nel mercato brasiliano è capire se il carico fiscale, incidente sui suoi prodotti o servizi e sulla sua attività in generale, renderanno conveniente o meno l’investimento. Durante la pianificazione tributaria, sarà necessario scegliere per quale regime tributario optare. La scelta non sarà definitiva, in quanto è modificabile all’inizio di ogni esercizio.
Esistono in Brasile tre tipologie di regimi tributari, non tutti applicabili a tutte le imprese:
a) Lucro Real: indicato per le grandi imprese. In questo regime, il risultato di esercizio è calcolato detraendo dai ricavi i costi fiscalmente deducibili (come in Italia).
b) Lucro Presumido: indicato per le medie imprese. In questo regime, il risultato di esercizio è calcolato con una percentuale forfettaria sul fatturato, variabile a seconda che si tratti di industria e commercio o servizi.
c) Simples nacional o Super Simples: indicato per le micro imprese (fatturato annuale fino a R$ 360.000, circa 140.000 euro) e piccole imprese (fatturato annuale fino a R$ 3.600.000, circa 1.400.000 euro). In questo regime, il contribuente paga tutte le imposte incidenti sulla sua attività in un unico momento e con un’aliquota unica omnicomprensiva, riducendo il carico fiscale, la propria burocrazia ed il rischio di controlli.
a cura di:
dott. Alberto Pisarro