Aiuto alla Crescita Economica (ACE): incentivo alla patrimonializzazione delle imprese

Temi e Contributi
09/03/2012

L’aiuto economico alla crescita (ACE) è stato introdotto dal decreto Monti per incentivare la patrimonializzazione delle imprese e favorire, più in generale, la crescita del sistema produttivo italiano. La misura ha decorrenza dal periodo in corso al 31 dicembre 2011 e trova concreta applicazione già nel Modello Unico 2012.

L’art. 1 del Decreto Monti (D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2011) ha introdotto nel nostro ordinamento fiscale un aiuto alla crescita economica (ACE) diretto a favorire la capitalizzazione delle imprese mediante una riduzione dell’imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio.

Queste disposizioni sono finalizzate a rilanciare lo sviluppo economico del Paese ed a fornire un aiuto alla crescita, nonché a ridurre lo squilibrio del trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio, rafforzando così la struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano.
 
L’agevolazione trova immediata applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011 e sarà quindi fruibile già in sede di versamento nel giugno 2012 (è possibile tenerne conto applicando, in sede di determinazione dell’acconto, il metodo previsionale); per sciogliere i dubbi applicativi che inevitabilmente emergono, si attendono, tuttavia, le disposizioni di attuazione emanate con decreto del Ministero dell’Economia entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Il meccanismo applicativo richiama, per alcuni aspetti, la DIT (Dual Income Tax), introdotta con il D.Lgs. n. 446 del 1997; mentre la DIT, tuttavia, incentivava la capitalizzazione mediante l’applicazione di un’aliquota agevolata alla porzione di profitto individuata dal rendimento figurativo del capitale, la nuova previsione comporta l’esclusione dalla base imponibile del predetto rendimento nozionale. I benefici che ne derivano sono quindi maggiori in quanto consente di dedurre dal reddito d’impresa una parte degli incrementi patrimoniali (e non la loro tassazione ad aliquota ridotta) e non prevede un limite massimo agli incrementi patrimoniali agevolabili.

Sotto il profilo soggettivo l’agevolazione interessa sia i soggetti indicati nell’art. 73, lett. a) e b) del TUIR (società di capitali Ires ed enti pubblici e privati aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale), che i soggetti Irpef che svolgono un'attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, nonché, ricorrendo determinate condizioni (presenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato), i soggetti Ires non residenti nel territorio dello Stato.

La norma non prevede cause di esclusione soggettiva come, invece, la DIT che precludeva la possibilità di fruire di questa agevolazione ai soggetti sottoposti a procedure concorsuali.

Operativamente il nuovo beneficio si traduce in una deduzione, dal reddito complessivo, di importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio.
Tale rendimento, per i primi tre anni di applicazione della norma (dal 2011 al 2013), è determinato nella misura del 3%; dal quarto periodo d’imposta (2014), invece, detta aliquota è fissata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio.

Considerando l’aliquota Ires del 27,5%, si può affermare che il risparmio effettivo dell’ACE (con un rendimento del 3%) è, per ogni anno, pari allo 0,825% dell’incremento patrimoniale. Tale beneficio non rileva ai fini Irap in quanto si esprime mediante una variazione in diminuzione extra-contabile.

Il quinto comma dell’art. 1 del decreto Monti definisce quindi le modalità tecnico-operative per determinare il capitale proprio esistente alla chiusura dell’esercizio in corso nel primo anno di applicazione della disposizione, nonché altri aspetti relativi al calcolo degli incrementi e dei decrementi di patrimonio.
In particolare, la base di partenza per il calcolo degli incrementi patrimoniali è rappresentata dal patrimonio netto risultante dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, decurtato dell’utile conseguito (quest’ultimo, se accantonato, rileverà come incremento per l’anno 2011).
Ai fini del calcolo dell’agevolazione, si considerano gli incrementi derivanti da conferimenti in denaro e da accantonamenti di utili a riserva.

I conferimenti in denaro (rappresentati da qualsiasi apporto eseguito dai soci senza obbligo di restituzione) assumono rilevanza a partire dalla data di effettivo versamento: sarà quindi necessario operare un ragguaglio in relazione al periodo temporale intercorrente fra la data del conferimento e la chiusura dell’esercizio e la durata complessiva dell’esercizio. Dagli esercizi successivi, invece, tali conferimenti rilevano per il loro intero ammontare.

Con riferimento all’accantonamento di utili a riserva, invece, la norma prevede l’esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili: civilisticamente si considerano tali le riserve non distribuibili e non utilizzabili per aumenti gratuiti di capitale o copertura perdite, come, ad esempio, le riserve per l’acquisto di azioni proprie o quelle costituite dai soggetti IAS ai sensi dell’art. 6 del D. Lgs. n. 38/2005 (riserve da fair value derivanti da utili non realizzati).

Si auspica che il decreto attuativo previsto dal comma 8 della norma preveda, sul punto, ulteriori precisazioni con riferimento alla nozione di “riserve indisponibili” e, più specificamente, se, con riferimento alla riserva legale, sia possibile agevolare o meno la quota di utili accantonata a tale riserva fino al raggiungimento del quinto del capitale sociale, nonché sul fatto che il vincolo di indisponibilità possa derivare solo da una norma di legge o anche da vincoli statutari.

Gli incrementi operati con accantonamenti a riserva di utile si considerano effettuati a partire dall’inizio dell’esercizio indipendentemente dalla data della delibera assembleare.

Per le imprese di nuova costituzione l’incremento è rappresentato da tutto il patrimonio conferito, esclusi i conferimenti in natura: evidente è quindi l’intento di favorire la crescita delle nuove realtà imprenditoriali.

Con riferimento alle variazioni in diminuzione, la norma prende in considerazione sia i decrementi effettuati in denaro che quelli effettuati in natura mediante l’assegnazione di beni, quali: le riduzioni del patrimonio netto, con attribuzione, a qualsiasi titolo, a soci o partecipanti; gli acquisti di partecipazioni in società controllate (la previsione è diretta a contrastare la pratica elusiva di utilizzare a cascata un’unica somma di denaro per eseguire più aumenti di capitale all’interno dei gruppi); gli acquisti di aziende o di rami di aziende (rileva anche il corrispettivo in natura).
A tal fine non rilevano, invece, le riduzioni del patrimonio non volontarie quali, ad esempio, quelle derivanti dalla copertura delle perdite di esercizio.

Tali decrementi sono computati a decorrere dall’inizio dell’esercizio in cui si manifestano.

Il decreto Monti (quarto comma dell’art. 1) stabilisce inoltre che, qualora il rendimento nozionale superi il reddito complessivo netto dichiarato, l’eccedenza di questo va computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi, senza alcun limite temporale. Questa disposizione, già prevista in ambito della DIT, risponde all’esigenza di escludere la possibilità che l’agevolazione si traduca in una perdita fiscale.

È possibile osservare come l’ACE presenti inoltre alcuni punti di contatto anche con il bonus per la ricapitalizzazione societaria (D.L. 78/2009) che, pur traducendosi anch’esso in una deduzione dal reddito d’impresa, trova applicazione anche ai fini IRAP ed esplica i propri effetti in un periodo temporale quinquennale con riferimento agli aumenti di capitale eseguiti dal 5 agosto 2009 al 5 febbraio 2010: ne deriva che la società dichiarante, in sede di presentazione del Modello Unico 2012, potrebbe applicare entrambe le disposizioni agevolative con riferimento a distinti incrementi patrimoniali.

L’emanando decreto attuativo della disposizione in esame dovrebbe fornire ulteriori chiarimenti in merito alle modalità applicative della stessa, ivi comprese quelle connessi a specifiche fattispecie potenzialmente elusive che si potrebbero configurare nell’ambito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo.

a cura di: 

dott.ssa Alice Tuccillo

pubblicato su:

C&S Informa, volume 13, numero 1 anno 2012