Stabile organizzazione in Italia: commento alla Sentenza di Cassazione - sezione penale n. 20678 depositata il 29 maggio 2012

Temi e Contributi
02/08/2012

Il presente breve intervento è finalizzato a mettere a fuoco alcuni concetti espressi nella recente Sentenza di Cassazione – sezione penale – n. 20678, depositata il 29 maggio 2012. La pronuncia si presenta interessante sotto molteplici profili. In primo luogo, essa affronta e risolve un caso in cui gli organi verificatori prima e ed il giudice di merito in seguito, hanno ritenuto sussistere una stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente, contrariamente a quanto sostenuto dal soggetto verificato; in secondo luogo, viene trattato il tema della violazione di omessa presentazione di dichiarazione fiscale posta in essere dall’amministratore di fatto; infine, ma non verrà qui preso in esame, viene trattato il tema dei provvedimenti cautelari a disposizione dell’amministrazione volti ad evitare comportamenti del contribuente suscettibili di provocare un depauperamento del proprio patrimonio a detrimento degli interessi erariali.

E’ opportuna, in primo luogo, una sintetica ricostruzione della situazione fatta oggetto di analisi da parte della Corte, contraddistinta dai seguenti elementi (come descritti dal Giudice di Legittimità): 

  1. Una persona fisica (G.) aveva esercitato per anni in Italia l’attività di produzione di capi di abbigliamento, affidata a laboratori esterni ed attuata in Italia tramite due ditte individuali, di cui era il legale rappresentante;
  2. In un secondo momento, era stata costituita una società a responsabilità limitata, con sede in San Marino, le cui quote erano detenute per il 70% dalla figlia di G. e per il 30% da una società fiduciaria, che a sua volta aveva ricevuto il mandato fiduciario da G.; 
  3. L’attività precedentemente svolta da G. in Italia, dagli atti di causa, è risultata proseguire solo formalmente in capo alla società sanmarinese, come da dichiarazioni di controparti acquisite agli atti dagli organi verificatori. In particolare, la società sanmarinese risultava effettuare il solo controllo di qualità relativamente a tessuti che poi venivano consegnati a laboratori in Italia che confezionavano abiti poi riconsegnati dalla società sanmarinese alla società committente italiana; tuttavia, è risultato che il controllo di qualità veniva effettuato direttamente presso i laboratori in Italia nel corso della produzione;
  4. Presso l’abitazione del sig. G., apparentemente consulente della società sanmarinese, gli organi indaganti avevano reperito libri contabili e scritture della società sanmarinese stessa; 
  5. Immediatamente dopo la conclusione delle verifiche condotte dalla Guardia di Finanza, la società sanmarinese aveva affittato locali per 350 metri quadrati, contro i 61 metri quadrati utilizzati fino a quel momento.

 
Ai fini che qui interessano, sono rilevanti le conclusioni e i principi dettati (o riaffermati, per taluni versi), dalla Corte di Cassazione.

In primo luogo, la Corte ribadisce quanto già recentemente affermato con la Sentenza n. 29724 del 26 maggio 2010, vale a dire “che in tema, di IVA la nozione di stabile organizzazione di una società straniera in Italia va desunta dall’articolo 5 del modello di convenzione OCSE contro la doppia imposizione e dal suo commentario, integrata con i requisiti prescritti dall’art. 9 della sesta direttiva CEE n. 77/388 del Consiglio del 17 maggio 1977 per l’individuazione di un centro di attività stabile, il quale, così come definito dalla giurisprudenza comunitaria, consiste in una struttura dotata di risorse materiali e umane, e può essere costituito anche da un'entità dotata di personalità giuridica, alla quale la società straniera abbia affidato anche di fatto la cura di affari (con l'esclusione delle attività di carattere meramente preparatorio o ausiliario, quali la prestazione di consulenze o la fornitura di "know how").” Peraltro, prosegue il ragionamento del Giudice, la prova dello svolgimento di tale attività da parte del soggetto nazionale può essere acquisita anche tramite elementi indiziari, “quali l'identità delle persone fisiche che agiscono per l'impresa straniera e per quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative o alla stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza.”.

In sintesi, sulla base di quanto stabilito nella sentenza in commento “Si ha stabile organizzazione di una società straniera in Italia quando questa abbia affidato, anche di fatto, la cura dei propri affari in territorio italiano ad altra struttura munita o no di personalità giuridica.

Si prescinde, quindi, dalla fittizietà o meno dell'attività svolta all'estero dalla società medesima essendo necessario accertare se essa abbia una stabile organizzazione (secondo la nozione sopra delineata) in Italia.”

Sulla base delle considerazioni sopra espresse, la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto di individuare una stabile organizzazione in Italia della società sanmarinese, tenuto conto delle circostanze più sopra sintetizzate.

Quale secondo aspetto oggetto di breve commento, si evidenzia la problematica, con risvolti penali nella fattispecie concreta, relativa al reato di omessa presentazione (ai fini delle imposte dirette e dell’IVA) della dichiarazione da parte della stabile organizzazione così individuata, reato imputabile all’amministratore di fatto.

La Corte, cassate le difese del ricorrente, ha esplicitamente affermato che “il reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5) è configurabile anche nei confronti dell'amministratore di fatto - Sez. 3, Sentenza n. 23425 del 28/04/2011 Ud. (dep. 10/06/2011) Rv. 250962 - in forza del cosiddetto criterio funzionalistico o dell'effettività in forza del quale il dato fattuale della gestione sociale deve prevalere sulla qualifica formalmente ovviamente quando alla qualifica non corrisponda l'effettivo svolgimento delle funzioni proprie della qualifica, come avvenuto nella fattispecie. L'equiparazione degli amministratori di fatto a quelli formalmente investiti è stata affermata da questa Corte sia nella materia civile che in quella penale e tributaria (Cfr nella materia civile Cass. 5 dicembre del 2008 n. 28819; 12 marzo 2008, n. 6719; Sez. un. civile 18 ottobre 2005 n. 2013; in quella penale per tutte Cass. 7203 del 2008, Cass. n. 9097 del 1993 e per le violazioni tributarie cfr.Cass. Sez. quinta civile n 21757 del 2005; Cass. pen. n. 2485 del 1995).”

A chiusura del presente breve intervento si intende evidenziare come, a prescindere dalla fattispecie concreta in commento e quindi a prescindere da ogni valutazione in merito all’intenzionalità di sottrarre illegittimamente a tassazione materia imponibile in Italia – come appurato nello specifico invece dalla Corte – occorra sempre prestare la massima attenzione nella pianificazione fiscale internazionale, in quanto potrebbero concretizzarsi, anche involontariamente, fattispecie suscettibili di censura, con risvolti che potrebbero risultare di particolare rilievo anche in capo agli amministratori.

a cura di: 

dott. Franco Di Ciaula

pubblicato su:

C&S Informa, volume 13, numero 5 anno 2012