Note in tema di pianificazione economico-finanziaria in periodi di crisi

Temi e Contributi
28/01/2014

La pianificazione economica e finanziaria d’impresa, soprattutto in questo periodo di contrazione dei volumi di attività conseguente al calo generalizzato dei consumi e di difficoltà di accesso al credito, sta assumendo sempre maggiore rilevanza nelle scelte imprenditoriali in quanto consente anche di comprendere se e quando si verificheranno possibili momenti di tensione finanziaria o picchi di fabbisogno.

Tale attività si estrinseca nella predisposizione di documenti che, a seconda dei destinatari, degli obiettivi informativi e del momento che sta attraversando l’impresa rispetto al proprio ciclo di vita, dovranno assumere diverse strutture e fornire informazioni quantitative e qualitative diverse e più o meno approfondite.
Il piano economico finanziario è dunque il documento nel quale sono sintetizzate le linee di futuro sviluppo dell’impresa in un determinato arco temporale di riferimento, variabile in funzione degli obiettivi informativi del piano stesso.

Ma il piano economico-finanziario non è solo un documento, è piuttosto il risultato di un processo articolato che deve necessariamente coinvolgere l’imprenditore e tutte le figure chiave responsabili delle varie aree funzionali dell’impresa e, in modo particolare, il responsabile amministrativo e finanziario il quale, soprattutto in periodi di tensione finanziaria, dispone di quelle informazioni utili per la formulazione delle ipotesi prospettiche alla base del piano sia direttamente che da parte di tutti i soggetti coinvolti.
Dal punto di vista dei destinatari, si deve necessariamente distinguere tra destinatari interni e destinatari esterni all’impresa in quanto è evidente che i primi avranno titolo per ricevere informazioni più dettagliate e di qualità decisamente superiore rispetto ai secondi.
Tuttavia è opportuno sottolineare come, in un periodo di crisi generalizzata e di contrazione della liquidità disponibile per il sistema imprenditoriale quale quello attuale, i principali destinatari del PEF siano, oltre all’imprenditore, senza dubbio i terzi finanziatori (banche ed altri portatori di capitale di debito) ed i terzi garanti (consorzi garanzia fidi ed altri) ciò in quanto, come noto, l’approccio a nuovi investimenti e le operazioni di M&A o di LBO, hanno subito un brusco ridimensionamento dal momento che è venuta progressivamente a mancare la linfa sulla quale esse si basavano e cioè il ricorso, purtroppo talvolta esasperato, alla leva finanziaria.
In questo scenario, appare chiaro come l’obiettivo primario della pianificazione economica e finanziaria, soprattutto se di breve o medio periodo, non sia più solo quello di tracciare le linee di futuro sviluppo dell’azienda o di determinarne il valore corrente ma diventi quello: 

  • di comprendere se una determinata struttura dell’indebitamento sia quella ottimale per l’azienda, tenuto conto della propria capacità di generazione di flussi al servizio del debito, della necessità di gestire i fabbisogni di liquidità di breve periodo e di ottimizzare il costo complessivo dell’indebitamento oneroso e, se e come, tale struttura possa eventualmente essere modificata;
  • di comprendere se ed in quanto tempo l’impresa sarà in grado di rimborsare i finanziamenti concessi o garantiti e quale potrebbe essere la sua capacità massima d’indebitamento oltrechè, evidentemente, il rating attuale e prospettico alla stessa attribuibile, il quale, a sua volta, influenzerà la valutazione di profittabilità del cliente da parte del sistema bancario.

A tal fine, tenuto conto delle limitate capacità informative degli schemi del bilancio civilistico, si rende opportuno adottare schemi di rappresentazione delle informazioni quantitative, ed in particolare del rendiconto finanziario, che consentano la massima chiarezza e comprensibilità:

  • dei risultati economici parziali, in relazione ai quali si potranno utilizzare diversi schemi di conto economico, mutevoli in funzione del livello qualitativo del sistema di contabilità analitica e del sistema di controllo e reporting di cui è dotata l’impresa (si pensi, al riguardo, alle difficoltà che spesso si incontrano nell’individuare il “costo del venduto” o la configurazione del “costo di trasformazione industriale” ovvero nell’allocare taluni costi tra i costi fissi o i costi variabili, ecc.);
  • della capienza, della natura, della provenienza e della destinazione dei flussi finanziari, in relazione ai quali è opportuno selezionare schemi di rendiconto finanziario che consentano una chiara evidenziazione, quantomeno, del flusso della gestione caratteristica; del flusso della gestione degli investimenti; del flusso al servizio del debito; del flusso disponibile per gli azionisti; 
  • della composizione degli impieghi e della struttura delle fonti, avendo cura che lo schema di stato patrimoniale adottato prediliga le impostazioni finanziarie e quindi evidenzi, fra gli impieghi, il capitale investito al netto delle fonti non onerose e, tra le fonti, le sole fonti onerose, suddivise fra capitale di debito (distinto, a sua volta, tra scadenze a breve e scadenze a medio-lungo termine) e capitale di rischio.

Sotto il profilo metodologico, il PEF potrà essere organizzato o “per aree funzionali” o “per unità generatrici di cassa” (o business unit); la scelta tra le due impostazioni dipende non solo dalle finalità del piano, ma anche dalla reperibilità degli input quantitativi.
Qualora si adotti una struttura del PEF “per aree funzionali”, i piani di dettaglio spiegheranno l’impatto delle diverse aree funzionali dell’impresa (area commerciale-vendite, area acquisti-produzione, area amministrativa, ecc.) ciascuna autonomamente rappresentata, dal punto di vista economico, patrimoniale e finanziario.
Nell’ipotesi in cui, invece, si adotti una struttura del PEF “per unità generatrici di cassa”, i piani di dettaglio spiegheranno l’impatto economico, patrimoniale e finanziario che le ipotesi formulate relativamente alle diverse aree strategiche d’affari, ai diversi stabilimenti, alle diverse commesse o cantieri, linee produttive o, eventualmente, ai nuovi progetti d’investimento avranno dal punto di vista economico, patrimoniale e finanziario.
Questa seconda impostazione strutturale e metodologica del PEF consente di individuare se, in un certo periodo, una determinata business unit produrrà utili o perdite oppure genererà o assorbirà flussi finanziari, informazioni che, invece, la prima impostazione strutturale non consente di ottenere, poiché sarà in grado di fornire queste informazioni solo per area funzionale (va da sè che il piano commerciale avrà sempre un risultato economico e finanziario positivo mentre, invece, il piano acquisti e produzione evidenzierà risultati economici e finanziari sempre negativi, e così via). In altri termini, questa seconda impostazione consente di disporre di quelle informazioni necessarie a comprendere sia la segmentazione del valore dell’impresa fra le diverse business unit da cui la stessa è composta sia se, dal punto di vista dell’analisi della variazione del valore nel tempo, la specifica business unit creerà o distruggerà valore sia, infine, se, la specifica business unit assorbirà o produrrà cassa. Questa seconda impostazione consente inoltre di calcolare i rendimenti attesi di specifiche iniziative o progetti d’investimento (IRR project levered o unlevered, a seconda dei casi), separandoli quindi dalle altre attività aziendali.
In entrambe le ipotesi di struttura prospettate, il PEF deve essere corredato da una tabella dei principali indicatori economico-patrimoniali e finanziari, che illustri il trend prospettico dell’impresa, eventualmente anche in termini di creazione del valore (indicatori EVA) e di copertura del servizio del debito (indicatori DSCR, Debt Service Cover Ratio, LLCR, Loan Life Cover Ratio e PLCR, Project Life Cover Ratio), e da un’analisi di sensitività, che consenta al destinatario di comprendere quale andamento delle principali variabili, sia economiche che finanziarie che connesse alle operazioni di natura straordinaria eventualmente previste nel piano, potrebbe impedire o ritardare il raggiungimento dei risultati attesi ed in quale misura lo stesso possa incidere su questi ultimi. Questa seconda attività risulta fondamentale soprattutto per le imprese in stato di pre-crisi poiché consente di comprendere quale sarà l’impatto di possibili scelte gestionali, anche particolarmente stressate o di natura straordinaria, sui risultati attesi e sulla liquidità aziendale di breve periodo e per le imprese che hanno intenzione di effettuare nuovi investimenti o che si trovino in fase di start-up o di replacement.
In entrambe le impostazioni logiche sopra richiamate, una volta definito il conto economico, lo stato patrimoniale ed il rendiconto finanziario prospettico, dovrà essere posta particolare attenzione, da un lato alla selezione delle forme tecniche di finanziamento, necessarie alla copertura del fabbisogno finanziario che emerge dalla stima, dall’altro lato all’ottimizzazione dei correlati oneri finanziari. In questa fase, l’obiettivo primario diventa, quindi, la copertura del fabbisogno finanziario prospettico, tramite la progressiva sostituzione degli affidamenti a revoca, più costosi, con finanziamenti a scadenza e affidamenti autoliquidanti, meno costosi. L’individuazione dell’importo delle fonti e, in particolare, delle nuove linee di credito, del momento in cui dovranno essere attivate, della loro durata e del loro piano di rimborso dovranno naturalmente essere correlate alle specifiche esigenze dell’impresa ed alla sua capacità restitutoria, al suo merito creditizio attuale e prospettico ed alla strategia di gestione delle garanzie spendibili, sia interne che esterne all’impresa medesima.
In quest’ultima fase, tramite successive verifiche ed analisi di convenienza, finalizzate a rendere sostenibile e bancabile il PEF, ad ottimizzare il peso degli oneri finanziari ed a massimizzare il valore finanziario dell’impresa, si arriverà a predisporre il “piano delle fonti finanziarie” il quale consentirà all’imprenditore di approcciare ad una eventuale fase di rinegoziazione delle linee di credito in essere in modo consapevole e con minori probabilità di insuccesso.

a cura di: 

dott. Salvatore Basile

pubblicato su:

C&S Informa, volume 14 numero 7 anno 2013