Intestazioni fittizie al capolinea

Temi e Contributi
08/03/2012

Nell’ambito della rilevante produzione legislativa degli ultimi mesi volta al recupero di gettito fiscale a seguito delle note vicende che hanno interessato e che interessano la finanza pubblica, il nostro legislatore ha riservato un occhio di riguardo alla “lotta all’evasione” spingendo peraltro su strumenti automatici o presuntivi che spesso finiscono per colpire in modo indiscriminato tutti i contribuenti e non solo quelli che pongono in essere operazioni “border line”.

E’ il caso delle nuove disposizioni introdotte dal DL 138/2011 che, in materia di “godimento dei beni d’impresa da parte dei soci”, si propone l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’utilizzo di beni aziendali fittiziamente intestati alle imprese, che vengono di fatto concessi in godimento agli stessi soci o ai familiari dell’imprenditore.

Il provvedimento, quindi, se da un lato tende a disincentivare l’utilizzo di schermi societari per l’intestazione di beni che pur risultando formalmente dell’impresa sono, di fatto, concessi in godimento a fini privati a soci e familiari, dall’altro, come vedremo nel prosieguo, tende a potenziare l’applicazione dell’accertamento sintetico in capo all’utilizzatore di detti beni. 

Le disposizioni in discorso devono essere attentamente analizzate unitamente alle relative norme di attuazione recentemente emanate con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate  del 16 novembre 2011 che, a parere di chi scrive, in alcuni casi escono dal solco tracciato dal Decreto Legge 138/2011.

Contenuto e decorrenza delle nuove norme
Come detto, le articolate disposizioni in commento intervengono a tutto campo sia nella sfera reddituale del socio che in quella della società, introducendo, peraltro, nuovi obblighi comunicativi ed un inasprimento delle misure già in vigore in materia di accertamento.

L’art. 2 del DL 138/2011, infatti, prevede: 

  1. comma 36-terdecies: nell’ambito della categoria dei “redditi diversi” viene introdotta una nuova fattispecie rappresentata dalla differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore;
  2. comma 36-quaterdecies: viene stabilita l’indeducibilità dal reddito imponibile della società o dell’imprenditore dei costi relativi ai beni concessi in godimento a valori inferiori rispetto a quelli di mercato;
  3. comma 36-quinquiesdecies: viene introdotto l’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati concernenti i beni concessi in godimento da parte dell’impresa e del socio o familiare dell’imprenditore a cui gli stessi sono concessi in godimento. La medesima disposizione disciplina anche gli aspetti sanzionatori legati a tale nuovo obbligo dichiarativo prevedendo, in caso di omissione della comunicazione o di invio della stessa con dati incompleti o inesatti, una sanzione amministrativa, in solido, pari al 30% della differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo stabilito per la concessione in godimento dei beni in discorso; è prevista l’applicazione, in solido, della sanzione di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 471/1997 (da 258 a 2065 euro), ove, pur concretizzandosi la violazione circa l’invio della comunicazione, socio e società si siano conformati alle previsioni normative (reddituali);
  4. comma 36-septiesdecies: viene introdotta la previsione di controllo sistematico da parte dell’Agenzia delle Entrate della posizione fiscale delle persone fisiche che utilizzano i citati beni al fine della ricostruzione sintetica del reddito, tenendo conto, in tale ambito, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società;   
  5. comma 36-duodevicies: stabilisce che le norme in questione saranno applicate a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (2012).  

Conseguenze reddituali per il socio e per l’impresa
In sintesi, in caso di utilizzo da parte dei soci o dei familiari dell’imprenditore, di beni aziendali ad un corrispettivo inferiore a quello di mercato, sul piano reddituale si profilano queste specifiche conseguenze:

  1. imputazione in capo al socio o familiare utilizzatore di un reddito “diverso” pari alla differenza tra il valore d’uso di mercato del bene utilizzato ed il corrispettivo eventualmente pattuito per il medesimo utilizzo; 
  2. indeducibilità per l’impresa concedente di tutti i costi di gestione relativi ai beni concessi in godimento ai soci o ai familiari dell’imprenditore.

Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
Come anticipato il 16 novembre 2011 sono state emanate le disposizioni attuative delle citate nuove norme. Con il provvedimento in discorso, infatti, sono stati divulgati i contenuti dei modelli di comunicazione nonché stabilite le modalità ed i termini per l’invio.

Il provvedimento, certamente non brilla per sistematicità nell’interpretare la linea tracciata dal decreto legge, in certi casi interviene chiarendo alcuni dubbi interpretativi ma in altri introduce delle vere e proprie novità rispetto al dettato normativo.

A parere di chi scrive l’unico vero e condivisibile chiarimento fornito dal provvedimento riguarda l’individuazione dei soggetti “utilizzatori” dei beni, tenuto conto del fatto che il dato letterale del D.L. 138/2011 individuava i beneficiari del godimento dei beni nei soci della società e nei familiari dell’imprenditore. Il Provvedimento colma tale lacuna, sancendo l’obbligo di comunicazione anche in ipotesi di utilizzo da parte dei c.d. “soci indiretti” e dei familiari dei soci stessi; allargamento quanto mai opportuno, in assenza del quale, si sarebbe corso il rischio di vanificare completamente le finalità della norma.

Tra le novità emerse con il provvedimento vanno sicuramente ricondotte le precisazioni fornite con riferimento ai dati da comunicare anche per l’anno 2011, periodo di non applicazione delle disposizioni in commento, all’obbligo di comunicazione anche per quelle situazioni in cui il godimento dei beni avviene dietro corrispettivo in linea con i valori di mercato ed all’obbligo di comunicazione dei dati riferibili ai finanziamenti ed alle capitalizzazioni effettuate dai soci nei confronti della società.

In tutti questi casi si delinea il chiaro e unico intento da parte dell’amministrazione finanziaria di acquisire il maggior numero di dati possibile per procedere alle successive attività di controllo, intento che tuttavia non può operare ultra legem.

Le linee tracciate dal provvedimento, infatti, oltre che rappresentare ed introdurre degli obblighi non previsti dal D.L. 138/2011, di cui dovrebbe essere norma di attuazione, appaiono in contrasto ed in violazione dei principi dello Statuto del Contribuente nonché dell’art. 7 del D.L. n. 70 del 2011, convertito con modificazioni dalla L. 106/2011, secondo il quale i contribuenti non devono fornire informazioni che siano già in possesso del fisco e degli enti previdenziali o che questi possano direttamente acquisire da altre amministrazioni. E’ il caso, per esempio, dei dati relativi alle costituzioni delle società o delle delibere di aumento di capitale, dati di cui l’anagrafe tributaria è già in possesso per effetto della registrazione dei relativi atti.

Come sempre, infine, ci troviamo a dover dibattere di ciò che le norme non dicono o non esprimono con la dovuta chiarezza.

Manca, infatti, ogni riferimento al concetto di valore di mercato, concetto semplice ma etereo che riempie ormai da anni le aule delle Commissioni Tributarie.

Non vengono prese in considerazione le ipotesi di utilizzo promiscuo come pure non vengono delineate le interrelazioni, già presenti nel TUIR, con norme che regolamentano criteri forfetari di imponibilità (fringe benefit) e di deducibilità dei costi.

Tutto questo pone dei problemi di prevalenza delle norme oltre che creare, in alcune situazioni, ipotesi di doppia tassazione che devono, invece, essere fugate.

Al riguardo si pensi, ad esempio, al caso in cui il corrispettivo pagato dal socio sia, magari di poco, inferiore al fatidico valore di mercato. L’interpretazione letterale della norma porterebbe a ritenere l’integrale indeducibilità dei relativi costi di gestione per la società.

Tale conclusione, a parere di chi scrive, può tuttavia essere accolta solo in ipotesi di totale assenza di corrispettivo, soluzione che peraltro già alberga nel nostro ordinamento in tutti i casi in cui traspaia la mancanza di inerenza (nel caso di specie rappresentata dall’uso esclusivamente personale da parte dei soci e senza corrispettivo).

Nel caso prospettato, invece, affinché non si generi una doppia tassazione (il ricavo, infatti, sarebbe in ogni caso tassato in capo alla società) soluzione coerente sarebbe quella di considerare indeducibili i costi solo in misura proporzionale.

In sintesi
La comunicazione va effettuata in via telematica entro il 31 marzo successivo alla chiusura del periodo di imposta in cui viene concesso l’utilizzo ovvero tale utilizzo viene revocato.
 
Entro il 31 marzo 2012 sarà necessario presentare una specifica comunicazione per i beni concessi in godimento nei periodi d’imposta precedenti a quello di prima applicazione delle disposizioni in commento.

La comunicazione per il 2011 dovrà quindi essere presentata anche se l’utilizzo personale del bene è cessato nel corso del medesimo anno.

L’obbligo potrà essere assolto indifferentemente dalla società ovvero dai soci.

La comunicazione dovrà riguardare anche:

  1. i beni concessi in godimento dall’impresa ai soci, o familiari di questi ultimi (quindi anche se il figlio del socio utilizza un bene intestato alla società); 
  2. i beni concessi in godimento ai soci o loro familiari da altra società appartenente al medesimo gruppo (quindi ad esempio se i soci di una holding utilizzano un bene intestato ad una delle società controllate).

Le categorie di beni da monitorare non prevedono alcuna esclusione, fatta eccezione per i beni di valore inferiore ad € 3.000,00, riguardando conseguentemente immobili, autovetture, unità da diporto, aeromobili, ecc.

La comunicazione, al fine di agevolare l’attività di accertamento da parte dell’agenzia delle entrate, dovrà inoltre contenere i dati relativi a tutte le forme di finanziamento o capitalizzazione eseguite dai soci utilizzatori nei confronti della società concedente.

Come sempre, auspicando che l’Amministrazione Finanziaria faccia la sua parte dando ai contribuenti utili indicazioni informative sulle questioni ancora aperte, che non sono poche. 

a cura di: 

dott. Francesco Zanotto

pubblicato su:

C&S Informa, volume 13, numero 1 anno 2012