Disciplina CFC alla luce dei chiarimenti contenuti nella circolare 51/2010

Temi e Contributi
30/11/2010

La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 51 del 6 ottobre 2010 contiene alcuni chiarimenti riguardanti le nuove norme in materia di Controlled Foreign Companies, introdotte dal D.L. n. 78/2009 (vedasi articolo sul tema pubblicato da C&S Informa a Febbraio 2010), ed illustra il rapporto tra questa disciplina e le altre disposizioni in materia di operazioni con soggetti residenti in paradisi fiscali, quali l’imposizione degli utili da partecipazione provenienti da Paesi black list e la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in questi Stati.

In questa sede si analizzano i chiarimenti più significativi introdotti dalla citata circolare con riguardo alle ipotesi di disapplicazione della normativa CFC.

Ai sensi dell’attuale formulazione dell’articolo 167 co. 5 lett. a) del TUIR, la disciplina CFC (tassazione per trasparenza dei redditi conseguiti da controllate e collegate residenti in paradisi fiscali in capo al socio italiano) non si applica se il contribuente residente in Italia dimostra, in sede di interpello, che “la società o altro ente non residente svolge un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento.”

Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, il riferimento al mercato dovrebbe essere normalmente inteso come collegamento della partecipata al mercato di sbocco o alternativamente a quello di approvvigionamento dello Stato estero. Il mercato non coincide con i confini geografici del Paese o del territorio in cui ha sede la partecipata, ma con l’area geografica d’influenza della CFC, legata allo Stato di insediamento da particolari nessi economici, politici o strategici.

La disponibilità di una struttura organizzativa è ritenuta condizione necessaria, ma non sufficiente per la disapplicazione della normativa, dal momento che occorre dimostrare che la società estera “svolge effettivamente in loco un’attività industriale o commerciale.” Secondo la circolare, per radicamento si intende il legame socio – economico della CFC col Paese dov’è insediata, deve quindi sussistere una stabile e continuativa partecipazione della società alla vita economica dello Stato estero in cui è localizzata.

In sede di interpello, l’impresa residente potrà valorizzare altri elementi a supporto della propria richiesta disapplicativa, dando “rilievo alle ragioni economiche ed imprenditoriali che hanno portato ad investire nel paradiso fiscale.”

Tale prima esimente non può essere invocata quando i proventi della società estera derivano per oltre il 50% da passive income o da prestazioni di servizi infragruppo, caso in cui il contribuente deve dimostrare che “dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi” in paradisi fiscali (art. 167 co. 5 lett. b) e co. 5-bis) del TUIR).

Con la circolare in commento è stato precisato che “la ratio della disposizione in esame va considerata in linea di principio soddisfatta quando il tax rate effettivo complessivamente scontato sui redditi prodotti dalla CFC risulti congruo rispetto al livello di imposizione vigente in Italia”.

Assumono, quindi, rilevanza, il carico fiscale globale gravante sul gruppo in relazione ai redditi prodotti dalla CFC, e la sistematica distribuzione verso l’Italia dell’utile dalla stessa prodotto: se l’imposizione complessiva sui redditi prodotti dalla partecipata è almeno pari all’aliquota nominale italiana (27,5%) è implicitamente dimostrato che la localizzazione all’estero non ha finalità elusive.

Il nuovo comma 8-bis dell’articolo 167 TUIR ha esteso il regime CFC alle società controllate localizzate in Paesi a fiscalità ordinaria, se, congiuntamente, ricorrono le seguenti condizioni: 

  • i soggetti controllati sono assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella cui sarebbero stati soggetti se residenti in Italia;

  • gli stessi hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% da passive income e da servizi infragruppo.

Al verificarsi di entrambe queste condizioni, la presentazione dell’istanza d’interpello diventa un adempimento obbligatorio per poter evitare la tassazione per trasparenza.
Per quanto riguarda la prima condizione, la circolare precisa come il confronto tra la tassazione effettiva estera e quella virtualmente applicabile in Italia vada condotto considerando le imposte sul reddito ed escludendo l’IRAP.

Il parametro considerato dall’Agenzia delle Entrate per il calcolo del carico effettivo di imposizione gravante sulla società estera è l’“effective tax rate”, non l’aliquota nominale di imposizione, ma il rapporto tra l’imposta corrispondente al reddito imponibile e l’utile ante imposte.

Ai fini di questa comparazione i termini di raffronto devono essere omogenei, “vanno prese in considerazione solo le imposte correnti e non anche le eventuali imposte anticipate e differite”, e “non è parimenti rilevante l’eventuale utilizzo in sede di versamento di crediti d’imposta per i redditi prodotti all’estero riconosciuti dallo Stato di insediamento, nonché di ritenute d’acconto subite ad opera di sostituti d’imposta o altri soggetti locali”.

Inoltre, “in sede di prima applicazione della disciplina in esame, per ragioni di semplificazione e omogeneità dei termini di confronto, si ritiene opportuno – sempre ai fini della determinazione dell’effective tax rate estero – non considerare le perdite fiscali estere maturate antecedentemente all’entrata in vigore della nuova disciplina CFC (c.d. sterilizzazione delle perdite pregresse). A regime, avranno rilevanza quelle maturate dal primo periodo di applicazione delle nuove disposizioni, cioè per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, a decorrere dal 2010.”

La comparazione tra livelli di tassazione va verificata dal contribuente in ogni esercizio, avendo cura di conservare documenti e fogli di calcolo ai fini di eventuali controlli.
La disapplicazione della normativa CFC per le imprese white list comporta la dimostrazione che il soggetto estero non sia una costruzione di puro artificio, documentandone il livello di presenza fisica nel territorio estero mediante elementi di prova quali la disponibilità in loco di locali, personale e attrezzature. A tal fine la circolare n. 51 precisa che “si ritiene possano essere considerati gli elementi di prova che il contribuente è tenuto a produrre per la disapplicazione della CFC rule per il ricorrere della prima circostanza esimente di cui all’articolo 167 co. 5 lett. a) del TUIR” (rientrano tra gli esempi forniti dal documento di prassi: descrizione delle funzioni effettivamente esercitate dalla controllata estera, degli asset utilizzati, dei rischi assunti, dei rapporti economico – finanziari con le altre società del gruppo, ed analisi dei ricavi e degli indicatori di redditività della controllata confrontati con quelli della controllante residente).

Laddove la società italiana si veda riconosciuta la non artificiosità del soggetto estero, l’interpello disapplicativo non dovrà essere più riproposto, “a condizione che nei successivi esercizi permangano inalterate le condizioni fattuali rappresentate nell’istanza”.

Le modifiche apportate alla disciplina CFC dal D.L. n. 78/2009 trovano applicazione, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, a partire dal primo gennaio 2010. Ne consegue che, per il 2010, perdono di validità le disapplicazioni della CFC rule precedentemente riconosciute dall’Amministrazione finanziaria a seguito della dimostrazione della prima esimente (art. 167 co. 5 lett. a) del TUIR), data la variazione dei presupposti di diritto in base ai quali le stesse erano state rese, dovuta all’introduzione del concetto di radicamento nel mercato dello Stato estero di insediamento.

Pertanto, tenuto conto che la normativa CFC trova attuazione in sede di dichiarazione dei redditi, i soggetti “solari”, per ottenere una risposta prima del termine ordinario di trasmissione delle dichiarazioni (30 settembre), dovranno presentare l’istanza entro il primo giugno 2011.

a cura di: 

dott. Gianfranco Peracin

pubblicato su:

C&S Informa, volume 11,  numero 8 anno 2010