Bilancio 2010: Moratoria dei debiti - gli effetti contabili sui leasing finanziari per le imprese non IAS

Temi e Contributi
20/02/2011

Al fine di sostenere le PMI in difficoltà finanziarie, secondo quanto previsto dall’art. 5, co. 3-quater, del D.L. 78/2009 (cosiddetta “Manovra estiva 2009”), in data 3 agosto 2009 il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Presidente dell’ABI e le associazioni dei rappresentati delle imprese hanno firmato un “Avviso comune per la sospensione dei debiti delle PMI verso il sistema creditizio”, allo scopo di favorire l’adesione degli istituti di credito a procedure finalizzate all’attenuazione degli oneri finanziari gravanti sulle PMI[1] (cd “moratoria dei debiti”). Vale la pena rammentare che il termine ultimo per la presentazione della domanda di ammissione alla moratoria, fissato originariamente al 30/6/2010, è stato prorogato sino al 31/7/2011: il beneficio è pertanto ancora fruibile[2].

Nel corso del mese di febbraio il CNDCEC ha pubblicato un documento in cui si delineano i punti principali dell’Avviso comune e delle correlate circolari ABI, ma soprattutto si esaminano, con riferimento alle imprese locatarie che adottano i principi contabili nazionali, gli effetti della sospensione del pagamento delle quote capitale implicite nei canoni di leasing finanziario, in conformità all’Avviso comune.

Alla luce del predetto documento, in questa sede sono sintetizzate le principali soluzioni contabili suggerite dalla dottrina e dalla prassi professionale e viene indicata l’impostazione ritenuta preferibile sulla base della vigente disciplina codicistica del bilancio.

La rilevanza della questione ai fini della predisposizione del bilancio di esercizio è legata alla sospensione del pagamento della quota capitale dei canoni di leasing che la moratoria comporta, per la durata di 12  ovvero di  6 mesi, rispettivamente, per il leasing immobiliare e mobiliare[3].

Sotto il profilo contrattuale, l’adesione alla moratoria dei leasing produce una serie di effetti:

  • non variano le qualificazioni attribuite dalle società di leasing e dalle banche al merito creditizio del locatario; in altre parole, l’adesione alla moratoria  non determina un deterioramento o un miglioramento nella valutazione delle esposizioni sospese nonché delle altre esposizioni eventualmente in essere, a meno che non intervengano elementi e circostanze obiettivamente nuovi;

  • non variano la qualità e le caratteristiche del finanziamento, né può darsi luogo ad un aumento dei tassi, all’applicazione di spese o commissioni di istruttoria o alla richiesta di ulteriori garanzie rispetto a quelle già ottenute[4];

  • la sospensione del pagamento della quota capitale delle rate di leasing comporta la traslazione temporale di 6 o 12 mesi del piano di ammortamento originario; le quote capitale, immutate nella consistenza originaria, sono posticipate al termine del periodo di sospensione;

  • nel periodo di sospensione il bene continua ad essere utilizzato dal locatario e l’esercizio dell’opzione di riscatto è coerentemente postergato; in definitiva, si determina un allungamento della durata contrattuale;

  • durante il periodo di sospensione, i canoni di leasing addebitati al locatario saranno pari ai soli interessi sul debito residuo in essere alla data di inizio della sospensione; conseguentemente, aumenta il costo complessivo per  interessi della  quota maturata lungo la sospensione.

Emerge, quindi, la necessità di determinare un criterio in base al quale imputare i canoni di leasing al conto economico lungo la durata residua del contratto.

Come noto, la prassi contabile italiana ampiamente prevalente[5] prevede la rilevazione del leasing in base al metodo patrimoniale che comporta l’iscrizione nel conto economico dei canoni, senza distinzione tra quota capitale e quota interessi. Più precisamente, il locatario iscrive nel conto economico i canoni di leasing come costi per il godimento di beni di terzi, secondo la competenza dell’esercizio calcolata pro-rata temporis, e rileva nei conti d’ordine come impegni i canoni che hanno scadenza successiva alla data di chiusura dell’esercizio.

Solo all’atto del riscatto l’utilizzatore iscrive nello stato patrimoniale il bene e, a partire da tale data, procede al relativo ammortamento.

Tale logica di contabilizzazione è fondata sui profili formali e sui termini contrattuali dell’operazione, attribuendo rilievo preminente al fatto che la proprietà del bene concesso in leasing rimane in capo al concedente; ne consegue che il passaggio di proprietà a seguito dell’esercizio del riscatto è considerato l’elemento imprescindibile per l’iscrizione del bene tra le immobilizzazioni materiali[6].

In sintesi, per le imprese che adottano i principi contabili nazionali la moratoria è volta a sospendere un finanziamento cui è correlato l’utilizzo di uno specifico bene che, al pari della pertinente obbligazione debitoria, non compare nello stato patrimoniale del locatario.

Di seguito sono illustrate le principali soluzioni sviluppate dalla dottrina e dalla prassi per la rappresentazione contabile della fattispecie:

1)       Sospensione intesa come fatto meramente finanziario: l’ammontare del costo iscritto in conto economico, comprensivo dei canoni di leasing e della quota parte dell’eventuale maxi-canone di competenza, non subisce alcuna variazione sino al termine originario del contratto, mantenendosi la modulazione precedente alla moratoria. La differenza tra gli importi originariamente dovuti nel periodo di sospensione e quelli effettivamente corrisposti nel medesimo lasso temporale in adesione alla moratoria figura tra le passività dello stato patrimoniale. Adottando tale soluzione, l’ammontare dei canoni versati nel periodo di moratoria (come detto, pari ai soli interessi sul debito residuo in essere alla data di inizio della sospensione) è un costo di competenza del periodo di prolungamento del contratto, laddove i pagamenti effettuati dopo la scadenza originaria del contratto sono considerati come rimborso della passività generata nel corso della moratoria. Tale soluzione appare criticabile poiché in contrasto con il principio di competenza secondo pro-rata temporis, posto alla base del metodo di contabilizzazione patrimoniale; infatti, nel corso della durata del contratto di leasing vi sarebbe un lasso di tempo, successivo alla scadenza originaria del contratto, in cui il locatario prosegue l’utilizzazione del bene in leasing senza che vi sia a bilancio il corrispondente concorso di un costo adeguato in relazione alla utilità economica prestata dal bene.

2)       Sospensione come interruzione del contratto originario: Nel periodo di sospensione del pagamento delle quote capitale ottenuto tramite la moratoria, l’impresa iscrive in conto economico esclusivamente gli interessi addebitati in base a quanto stabilito dall’Avviso comune, sostituendo un criterio di “competenza finanziaria” a quello di competenza economica. Al termine del periodo di sospensione, l’imputazione dei costi riprende il piano di ripartizione originariamente previsto. Tale soluzione appare criticabile poiché in contrasto con il principio di competenza secondo pro-rata temporis, posto alla base del metodo di contabilizzazione patrimoniale, e contraria al principio di prudenza, poiché prevede l’iscrizione nel periodo della moratoria di una quota di costi inferiore a quella determinata secondo competenza economica.

3)       Rimodulazione dei canoni di leasing imputati a conto economico. Secondo tale soluzione, la sospensione del pagamento della quota capitale costituisce un evento che ha effetto sia finanziario che economico. A fronte dell’allungamento del contratto e della conseguente variazione del numero e dell’entità dei canoni di locazione, l’impresa ridetermina i costi di competenza dell’esercizio interessato dalla moratoria e di quelli degli esercizi successivi, considerando i canoni di leasing ancora dovuti, gli interessi maturati nel periodo di moratoria e la parte residua dell’eventuale maxi-canone iniziale. In tal modo, il conto economico espone un costo di competenza lungo tutta la durata effettiva dell’utilità economica del bene, coprendo anche il lasso temporale tra la data originaria di riscatto del bene e la nuova data traslata per effetto del periodo di sospensione.

Tale ultima soluzione è quella ritenuta preferibile dal CNDCEC, in coerenza con quanto previsto dalla bozza di principio contabile OIC, Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio, perché appare maggiormente rappresentativa della sostanza degli effetti derivanti dalla moratoria, consente di rispettare il principio di competenza e di rispecchiare il contributo del bene alla formazione del reddito.

In applicazione della predetta soluzione, nel corso dell’esercizio l’impresa rileverà in contabilità gli importi addebitati in fattura dalla società di leasing, che per il periodo di sospensione comprenderanno solo la quota interessi. A fine esercizio, in sede di effettuazione delle scritture di assestamento l’impresa iscriverà nel conto economico i canoni di leasing di competenza, rideterminati come di seguito illustrato. La nuova quota del costo per godimento di beni di terzi a partire dall’esercizio di adesione alla moratoria sarà quindi pari al rapporto tra:

  • l’importo risultante dalla somma di: (a) i canoni di leasing originari ancora da corrispondere, (b) gli interessi che maturano sul debito residuo durante il periodo della sospensione, (c) la quota di maxicanone ancora da ammortizzare;

  • la durata residua del contratto di locazione prolungata per effetto della moratoria.

Vale la pena evidenziare che la rimodulazione dei canoni di leasing comporta una riduzione del canone di competenza e conseguentemente un incremento dell’utile dell’esercizio interessato dalla moratoria, purché la durata del contratto come prolungata a seguito della moratoria non superi la vita utile del bene in leasing.

Gli effetti della moratoria si riflettono anche sui valori evidenziati nei conti d’ordine. Al momento di adesione il locatario incrementerà l’impegno iscritto verso la società di leasing per le maggiori somme da pagare a titolo di interessi sul debito residuo.

L’adesione alla moratoria comporta, infine, la necessità di fornire un’adeguata informativa nella relazione sulla gestione, rappresentando l’effettiva situazione finanziaria dell’impresa e le ragioni di richiesta della moratoria.  Tale circostanza deve quindi essere specificamente commentata con riferimento agli aspetti finanziari, alla situazione di liquidità, alla gestione dei correlati rischi, all’impatto sugli indicatori di risultato, economici e finanziari.

A conclusione del presente intervento, è opportuno svolgere alcune considerazioni relativamente l’impatto fiscale della moratoria; si tratta di capire se l’interpretazione della normativa tributaria vigente consenta di ritenere valida anche ai fini fiscali la soluzione contabile sopra ritenuta preferibile. Al riguardo, non sussistono esplicite prese di posizione dell’Amministrazione Finanziaria con riferimento agli effetti fiscali della moratoria, ma è possibile richiamare la prassi e la giurisprudenza formatesi sul tema della deduzione dei maxicanoni[7]. In estrema sintesi, per quanto attiene alle imposte sui redditi, a norma dell’art. 109, comma 2, lett. b) del TUIR, i costi per canoni di leasing si considerano sostenuti “alla data di maturazione dei corrispettivi” in ragione della durata del diritto di utilizzazione dei beni, ossia giorno per giorno in funzione della durata contrattuale, poiché si tratta di contratto da cui derivano corrispettivi periodici. Il fulcro della questione sta quindi nel determinare se l’adesione alla moratoria dei leasing comporti un allungamento della durata contrattuale. Questa è la tesi sostenuta dal CNDCEC nel documento qui in commento, nonostante l’Avviso comune sia carente di indicazioni al riguardo.

L’interpretazione del CNDCEC, nel caso di adozione della soluzione contabile indicata come preferibile, esplicherebbe i suoi effetti anche ai fini fiscali; diversamente, nel caso in cui l’impresa adottasse la soluzione che considera la moratoria come fatto meramente finanziario, sussiste il concreto rischio che l’Amministrazione Finanziaria possa non considerare legittima la detrazione dei maggiori canoni imputati a conto economico rispetto a quelli calcolati pro-rata temporis in base alla nuova durata contrattuale.

Per quanto attiene alla componente dei canoni di leasing relativa agli interessi, rammentiamo che il relativo importo: è rilevante ai fini IRES, sia nell’ambito del conteggio degli interessi passivi deducibili[8], sia, indirettamente, nell’ambito del conteggio della quota terreno indeducibile della componente capitale per i leasing immobiliari [9] e, da ultimo, è indeducibile ai fini IRAP[10]. Per entrambe le imposte, l’importo degli interessi dovrebbe essere determinato attribuendo rilevanza alle risultanze contrattuali, ma l’Amministrazione Finanziaria ha ammesso la possibilità di impiegare il vecchio metodo forfetario disciplinato dal DM 24/4/1998 per ragioni di semplificazione (cfr. C.M. 8 e 19/2009); il relativo conteggio dovrebbe quindi essere aggiornato al fine di ripartire la residua componente finanziaria dei canoni di leasing lungo il nuovo periodo residuo di durata del contratto, ottenendo una riduzione degli interessi passivi fiscalmente riferibili all’esercizio interessato dalla moratoria.

 


 

[1] L’accordo, al quale l’adesione da parte delle singole banche è solo volontaria, si propone di “favorire la continuità dell’afflusso di credito al sistema produttivo, fornendo alle PMI con adeguate prospettive economiche e che possano provare la continuità aziendale, la liquidità sufficiente per superare la fase di maggior difficoltà e arrivare al momento della ripresa economica nelle migliori condizioni possibili”.

[2] Si rammenta che l’Avviso comune prevede diverse specifiche misure in favore delle PMI:

  • la sospensione per 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate di mutuo;
  • la sospensione di 12 mesi, ovvero per 6 mesi, del pagamento della quota capitale dei canoni di operazioni di leasing finanziario, rispettivamente, immobiliare e mobiliare;
  • l’allungamento a 270 giorni delle scadenze delle anticipazioni bancarie sui crediti;
  • l’allungamento a 120 giorni delle scadenze del credito agrario di conduzione a breve termine;
  • la sospensione per 12 mesi dei finanziamenti a medio e lungo termine assistiti da rilascio di cambiali in essere alla predetta data del 23 dicembre 2009;
  • la sospensione e l’allungamento dei finanziamenti con agevolazione pubblica;
  • la concessione di appositi finanziamenti per le imprese che intendono procedere al rafforzamento patrimoniale.

[3] Relativamente ai contratti di leasing, sono escluse dall’ambito di applicazione dell’Avviso comune le operazioni di leasing operativo nonché le operazioni di locazione che non rientrano nell’attività di impresa e nella gestione aziendale (come, a titolo esemplificativo, i leasing aventi per oggetto natanti da diporto).

[4] Resta comunque per la banca la possibilità di chiedere il rimborso di eventuali spese vive sostenute nei confronti di terzi, di cui venga data adeguata evidenza

[5] Cfr. al riguardo l’Appendice 2 “Operazioni di locazione e compravendita con retrolocazione finanziaria (leasing e sale/lease back)” del Documento OIC n. 12 “Composizione e schemi del bilancio di esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi”.

[6] E’ da notare, tuttavia, che l’applicazione del principio ”della funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato” imporrebbe di contabilizzare le operazioni di leasing secondo il metodo finanziario, in base al quale il bene in leasing viene iscritto nello stato patrimoniale del locatario a fronte di un debito di finanziamento verso la società di leasing. Per tali ragioni, il legislatore della riforma del diritto societario, pur mantenendo l’uso del metodo patrimoniale ha richiesto al locatario di fornire specifiche informazioni in nota integrativa, volte a far emergere gli effetti sulla situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale che si sarebbero manifestati applicando il metodo finanziario.

[7] Cfr. al riguardo la R.M. n. 9/1740 del 1984, la lettera di Banca d’Italia ad Assilea del 9/2/1996 e le sentenze della Corte di Cassazione del 26/3/1997 n. 7229 e del 2/8/2000 n. 10147.

[8] Cfr. art. 96 del TUIR.

[9] Cfr. art. 36, comma 7, DL 223/2006.

[10] Cfr. art. 5, comma 3, D.Lgs. 446/1997



a cura di: 

dott. Pietro Freddo

pubblicato su:

C&S Informa, volume 12,  numero 2 anno 2011